Dall'esultanza per Al Qaeda al jihad: da 20 anni l'università di Torino coccola l'islam radicale

Nel 2003 un volantinaggio con lo slogan "Dieci, cento, mille Nassiriya". Nel 2005 la protesta veementemente contro Israele e oggi come allora la minoranza impone la propria linea sulla maggioranza

Immagine dal profilo Facebook di Brahim Baya
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Jihad e propaganda islamica dentro le mura universitarie: quanto accaduto all'università di Torino, nella sede in Palazzo Nuovo occupato in cui hanno luogo le facoltà umanistiche, ha destato molto scalpore. La preghiera del venerdì effettuata da un imam, realizzata con tutti i crismi e, quindi, anche con la netta divisione tra uomini e donne, non è passata inosservata e ha fatto insorgere diversi docenti, che fino a quel momento avevano accettato l'occupazione.

I toni assunti dalla predica dell'imam, gli strali contro Israele e il richiamo alla jihad hanno però fatto accendere un campanello d'allarme sulla direzione assunta dall'occupazione e, anche se questa non è stata interrotta, è stata fermata la stessa preghiera al Politecnico, dove l'imam avrebbe dovuto catechizzare la settimana successiva. Ma Palazzo Nuovo ha una lunga tradizione legata al jihad e quanto sta accadendo ora non è che la conferma di una "tradizione" che viene perpetrata dagli studenti umanistici, che trovano la sponda e il supporto nei centri sociali.

Il primo, gravissimo episodio che riferiscono le cronache risale al 2003, come ricorda La Nuova Bussola. L'Italia è impegnata in Iraq con l'operazione "Antica Babilonia" e, a novembre, viene coinvolta in quello che è ancora il più grave attentato subito dopo la Seconda guerra mondiale dai suoi militari. Un'autocisterna viene fatta esplodere davanti alla base Maestrale di Nassiriya, una delle due presidiate dagli italiani, portando con sé quasi 30 morti, di cui 19 italiani. Non stranamente, una parte di Palazzo Nuovo era occupata da un centro sociale, che addirittura vi aveva la sede. Subito dopo l'attentato del 12 novembre, a Palazzo Nuovo iniziarono a circolare vergognosi volantini con impresso uno slogan all'epoca molto di moda: "Dieci, cento, mille Nassiriya".

La strage è stata rivendicata da Al Qaeda, e nel palazzo universitario si celebrava un gruppo terroristico di matrice fondamentalista. Solo due anni più tardi, nel 2005, si concretizzano le prime vibranti proteste contro Israele. Venne contestata la presenza del vice-ambasciatore, invitato da un docente dell'università: uno dei collettivi che da decenni animano la scena universitaria torinese decise di costruire un muro nell'atrio, lasciandolo solamente una piccola apertura per l'ingresso, in protesta con quello costruito dal governo di Ariel Sharon al confine con la Cisgiordania. "Fatti ignominiosi succedono nelle università italiane, ultima quella di Torino. Si demonizza lo Stato di Israele e si delegittima il diritto all’unica democrazia del Medio Oriente a esistere", scriveva l'allora ambasciatore Gol al ministro Letizia Moratti.

Sono passati quasi 20 anni e nulla sembra essere cambiato. I collettivi continuano a esternare il proprio antisemitismo, una minoranza di pochi, pochissimi, continua a imporsi sulla maggioranza della popolazione universitaria e a portare avanti le ragioni dei terroristi, che stavolta hanno le sembianze dei combattenti delle brigate di Hamas.

Come suggerisce La Nuova Bussola, in riferimento alla presenza dell'imam, viene da chiedersi, vista la scioltezza con cui ha parlato di jihad e attaccato Israele, quante altre volte nella moschea abbia pronunciato quegli strali. E il fatto che siano arrivati dentro una università, rende il tutto ancora più grave.

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