La bandiera, enorme, della Palestina alle spalle. E una più piccola davanti. Le kefieh portate in testa. Una scenografia tristemente riconducibile a filmati noti per motivi nefasti. Le tre ragazze, facenti parte del gruppo che da una settimana partecipa attivamente all'occupazione degli spazi dell'Università di Torino, portano in questo modo in video il proclama degli studenti pro Palestina. La resa del video ha tratti inquietanti e richiama, si spera non volontariamente, quelli dello Stato Islamico. E anche i toni dell'annuncio sono tutt'altro che concilianti: gli studenti pretendono, si impongono, esigono. E sono incapaci di ottenere un "no" come risposta.
Tutto nasce dalla mancata convocazione in loco del Senato accademico da parte del rettore Stefano Geuna, che davanti al ragionevole dubbio della mancanza di sicurezza per i partecipanti, a fronte dell'occupazione dell'ateneo, ha scelto di convocare il Senato da remoto. Una decisione legittima, che spetta solo a lui in quanto massima autorità istituzionale all'interno dell'ateneo, che però non è stata gradita dai manifestanti. Probabilmente già pregustavano il momento dell'irruzione all'interno della sala per leggere il loro documento, in cui non ci sono certo elementi nuovi rispetto a quelli che portano avanti da mesi e che sono già stati respinti. Chiedono, o meglio, esigono, che l'università interrompa qualunque collaborazione con i corrispettivi palestinesi e che anche il governo italiano e le aziende rescindano qualunque contratto con Israele. Ma non solo, perché da parte dell'università pretendono anche una presa di posizione espressa contro Israele. E non accettano che la loro posizione minoritaria, come dimostrano i numeri dei manifestanti a fronte delle migliaia di iscritti, non venga accolta.
Questa mattina, inoltre, il rettore ha deciso di non convocare il Senato per evitare nuovi scontri ed è arrivata la nuova "minaccia" da parte dei manifestanti, che nel frattempo hanno occupato il rettorato a tempo indefinito, fino a quando Geuna non accoglierà le loro pretese. "Forse non gli è chiaro che noi non ci fermeremo, non smetteremo di fare pressione finché non saranno recisi tutti gli accordi con lo Stato criminale di Israele", si legge nell'ennesimo proclama, che rilancia la cosiddetta "intifada degli studenti" negli ambienti universitari.
Il clima si sta facendo sempre più teso a Torino: da una parte c'è il rettore che, giustamente, non intende cedere al ricatto e alla prepotenza di un manipolo di studenti. Dall'altra ci sono i manifestanti, che vogliono assumere il controllo decisionale degli affari universitari e che sono una minoranza del totale della popolazione universitaria.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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