L'accoglienza "à la carte". L'ultima (folle) pretesa delle Ong

Ong contro l'assegnazione di approdi troppo lontani, ma poi si trattengono in mare per soccorsi multipli. Sea Watch solidarizza con Geo Barents: parte l'attacco al governo italiano

L'accoglienza "à la carte". L'ultima (folle) pretesa delle Ong

Alle Ong le leggi italiane vanno strette, strettissime. E questo lo si era capito. Il governo Meloni, del resto, non aveva nemmeno fatto in tempo a introdurre le nuove norme sui salvataggi in mare che già le organizzazioni umanitarie erano salite sulle barricate, plaudite dalla sinistra. Ora che quei provvedimenti sono in vigore, il braccio di ferro fra i "taxi del mare" e l'esecutivo è ripartito. Più vigoroso di prima. La recente vicenda della Geo Barents, alla quale il Viminale ha assegnato il porto di La Spezia, è in tal senso già diventata un pretesto utilizzato per alzare il livello della tensione.

Ong, riparte la spirale delle proteste politiche

L'attracco ligure, infatti, non piace a Medici Senza Frontiere perché ritenuto troppo lontano dal luogo dei salvataggi. "Chiediamo alle autorità italiane di riconsiderare la loro decisione e di assegnarci un porto più vicino", ha chiesto l'organizzazione. E così è ripartita la spirale delle rimostranze, arrichia sempre di nuovi motivi di protesta politica. Un tempo le Ong lamentavano ad esempio di essere tenute al largo senza la concessione di un approdo; ora che quest'ultimo viene loro garantito, recriminano di non averlo a portata di mano. Come se il complesso meccanismo dell'accoglienza e degli hotspot ormai al collasso si potesse gestire à la carte, senza un'organizzazione più articolata diffusa.

Scatta la difesa di categoria: Sea Watch contro il governo

Peraltro, il caso della Geo Barents ha attivato una comune levata di scudi da parte di altre Ong. Una presa di posizione quasi di categoria. Sul proprio profilo Twitter, infatti, la tedesca Sea Watch ha manifestato solidarietà a Medici Senza Frontiere e attaccato frontalmente l'esecutivo Meloni. "Il governo italiano continua a violare il diritto internazionale e i diritti umani delle persone soccorse in mare: i 237 naufraghi a bordo di Geo Barents di Medici Senza Frontiere Italia toccheranno terra al porto di La Spezia, tra i più lontani mai concessi", si legge sui social. Poi l'ulteriore accusa al nostro Paese: "Dopo giorni nel Mediterraneo, le autorità italiane costringono le persone ad altre decine e decine di ore di viaggio, in mare, con il rischio di peggioramenti meteorologici e l'unico vile obiettivo di infliggere altre sofferenze, tenendo le navi delle Ong lontane dalle zone Sar".

"Politica senza umanità"

E ancora, traendo le proprie considerazioni di parte, Sea Watch ha attaccato: "Il risultato? Un Mediterraneo deserto e senza soccorsi, con più respingimenti e più morti. La nostra solidarietà alle persone soccorse da Medici Senza Frontiere e all'equipaggio di Geo Barents, costretti a subire i soprusi di una politica senza umanità". Tralasciando il linguaggio da propaganda più che da diaologo con le istituzioni, ci sembra però che la narrazione a tinte forti venga contraddetta dalla realtà dei fatti. Prima di dirigersi verso La Spezia, infatti, Medici senza frontiere ha effettuato tre interventi di soccorso, operando - spiega l'organizzazione - "in conformità con il diritto internazionale marittimo".

Ong, la contraddizione dei soccorsi multipli

Ma i migranti assistiti per primi non avevano forse il diritto di raggiungere al più presto la terra ferma? Eppure, l'Ong li ha tenuti a bordo e si è prodigata in altri due interventi in mare. Così facendo, ha prolungato la permanenza sulla nave dei sopravvissuti, circostanza che ora viene contestata al Viminale in riferimento al raggiungimento dell'approdo in Liguria.

Ricordiamo poi che il nuovo decreto governativo prevede che le Ong effettuino un soccorso alla volta e non interventi multipli prima di far sbarcare i profughi. Per questo le nostre autorità valuteranno se la Geo Barents abbia rispettato o meno le prescrizioni. In caso di infrazioni, il comandante rischia una multa da 10mila a 50mila euro e il fermo per due mesi della nave.

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