«Non se ne può più, non possiamo a tornare a casa tranquilli». Il grido d’allarme si alza dagli abitanti di via Principe Eugenio e via Mac Mahon. Al centro delle polemiche c’è il presidio permanente dei transessuali. «Qui in zona ci sono sempre stati, ma ultimamente la situazione è degenerata. Ce ne sono di più e iniziano prima a lavorare» racconta un’anziana abitante della zona. Da via Stilicone fino a piazza Caneva e poi, ancora, lungo via Cenisio e attorno alla rotonda di piazza Diocleziano. La zona è presidiata e, dopo gli abitanti, i primi a lamentarsi sono i gestori dei locali: difficile servire pizza e birra nei dehor mentre a pochi passi «lavorano» transessuali in tanga. «Non è esattamente uno spettacolo adatto alle famiglie – raccontano dal ristorante Pomodorino, in via principe Eugenio -. In questi ultimi mesi sono anche diventati più sfacciati: iniziano a lavorare molto prima, alle nove sono già qui, mentre noi siamo nel pieno del nostro lavoro. È molto imbarazzante e siamo costretti a chiedergli di sposarsi, altrimenti i clienti scappano». Un disastro di notte e uno scempio la mattina. A lato della carreggiata c’è un cimitero di bottiglie e spesso – raccontano i residenti – si trovano anche scarpe e biancheria intima. E il Comune? Nell’ultimo periodo dell’era Moratti, raccontano gli abitanti della zona, la situazione era leggermente migliorata e il numero delle lucciole diminuito. Vuoi la campagna elettorale imminente, vuoi le pressanti lamentele di abitanti e comitati di quartiere qualche trans era stato costretto a sloggiare per trasferirsi in zone più periferiche. «Ma il risultato non era comunque soddisfacente, questa zona non può e non deve essere un supermercato del sesso a pagamento. È indecente che nel centro di una capitale europea si veda uno spettacolo del genere. Voglio vedere quando ci sarà l’Expo che bel biglietto da visita per l’Italia che saremo...» polemizza un pensionato.
Da questa estate il tracollo: pochi controlli, molti transessuali e un grandissimo disagio. Specialmente per anziani e bambini. «Io ho paura a tonare a casa dopo le dieci di sera, se parcheggio l'auto lontano da casa è un incubo» racconta Laura, ventenne nata e cresciuta a due passi da via Cenisio. La riflessione comune di tutti gli abitanti è semplice: i viados ormai si sentono impuniti e si comportano come se il quartiere fosse casa loro. Bivaccano sotto le pensiline delle fermate degli autobus, si sdraiano sui cofani delle auto parcheggiate, usano alberi e cespugli come wc. «L’ultima trovata è il posto di blocco» racconta Fabio. E non si riferisce alla polizia. «I trans si piazzano in mezzo alla strada e appena vedono arrivare una macchina guidata da un uomo iniziano a bussare ai finestrini». E poi gli schiamazzi: «Urlano fino alle prime luci dell’alba, si chiamano da un palo all'altro e poi si ubriacano e litigano per ore. È un incubo per chi abita ai piani bassi. E chiamare la polizia serve a poco: arriva una pattuglia e li fa spostare. E il giorno i viado tornano imperterriti al loro posto di lavoro».
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