nostro inviato a Erba (Como)
Certo non è un gran bel vedere. Ci sono le autoscale e le autobotti dei vigili del fuoco, due, tre e poi quattro. E le auto dei carabinieri. E le lettighe, avvolte nei teli che sfilano e si sgranano, oltre il cancello di ferro battuto, in una sorta di strano, assurdo rosario. Le lettighe che nascondono i morti allo sguardo della gente che sta attorno. C'è l'odore acre di un fumo irrespirabile che sale ancora da quella finestra al secondo piano. Un tizzone che non lascia avvicinare niente e nessuno, qui nella vecchia cascina, pitturata di giallo e ristrutturata di fresco.
«Dicono che era violento, che era sempre più violento. Chissà forse era geloso. Non si sa bene di chi o di che cosa, ma forse era geloso quel tipo là con cui Raffaella si era messa...». Singhiozza la signora Olga, mentre infila queste poche parole fra le mani che coprono le lacrime. Quando ha saputo quel che era successo è corsa fuori in strada qui in via Diaz nel cuore di Erba, con appena una scialletto buttato sulle spalle, nonostante il freddo di una notte che sembra non finire mai.
Avrà una sessantina d'anni la signora Olga e lei come il Peppo e come Luigi, come tutta la gente di Erba, conosceva bene Raffaella. Raffaella Castagna, 25 anni sgozzata come un vitello da sacrificare al secondo piano di questa cascina ristrutturata che allinea decine di bilocali di ringhiera. Conoscevano tutti bene Raffaella come conoscevano sua madre Paola Gatti Castagna, sgozzata anche lei.
E i loro vicini di casa Valeria Cherubini, accoltellata a morte sulle scale mentre accorreva per prestare aiuto col marito Mario Frigerio, che - mentre scriviamo queste righe - sta lottando per sopravvivere all'ospedale Sant'Anna di Como. E poi c'è il corpicino, ancor più innocuo e innocente, del piccolo Youssef, tre anni il bimbo che «quello là», il convivente violento aveva avuto con Raffaella. Anche lui ucciso, nello stesso assurdo e sciagurato modo. Accoltellati. Tutti. E poi dati alle fiamme. Tutti. Per fuggire e non lasciare tracce. Per cercare di camuffare in modo grossolano una strage con una tragica fatalità.
E invece adesso lo stanno braccando Marzouk, il giovane tunisino del quale Raffaella Castagna si era invaghita tre anni fa e col quale aveva deciso di andare a convivere nella casa di ringhiera della zona di piazza Mercato. Una decisione certo, che non aveva fatto un gran piacere a sua madre Paola e ancor più a suo padre Carlo, storico imprenditore del mobile brianzolo che aveva dato corpo a un piccolo impero del design assieme ai suoi due figli maschi e titolare di alcuni showroom a Erba e Como e in prima linea nell'export di mobili verso il mercato americano. Conosciuto anche per il suo impegno nelle attività parrocchiali della Chiesa di Santa Maria Nascente e per le molteplici iniziative benefiche: «Non era un mistero - ricorda Peppo, un amico dei Castagna - che i genitori di Raffaella, così come i suoi fratelli che abitano in un villa con piscina alle porte di Erba, fossero rimasti sconcertati da quella relazione che aveva portato Raffaella ad abbandonare gli agi di una famiglia molto in vista e a scegliere una vita più sacrificata e dai toni più dimessi in questa casa di ringhiera». Eppure.
Eppure Raffaella - dice Veronica, una sua coetanea - appariva serena quando la si incontrava per le vie di Erba con il piccolo Youssef. Già, serena. Sul conto di Marzouk, vi sono precedenti penali per spaccio e rapina. Dalle prime notizie risulta che vi fossero stati da parte del tunisino diversi episodi di aggressività e violenza nei confronti della convivente. Qualcuno nella notte gelida di Erba che sembra non finire mai sussurra anche che fosse stato in galera e fosse uscito di recente «premiato» dall'indulto. Voci nella notte dentro quella nuvola di fumo acre che pare annebbiare tutti i sentimenti.
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