Nella casa presa alla mafia la nuova vita dei clochard

Gualtiero, 66 anni, Vittorio 67 e Salvatore 62 non si conoscevano prima di tre mesi fa. Vivevano in strada: sacco a pelo dove capita, pranzo alla mensa dei frati, talvolta qualche euro elemosinato «perchè il lavoro, se non sei ripulito, non te lo offre nessuno». Poi è arrivata la grande occasione - che per quelli come loro si chiama «segnalazione dei servizi sociali» - e sentite un po’ che progetto: una casa in condivisione a tempo, tre camere da letto, due bagni, cucina, soggiorno, veranda e ampio terrazzo. L’appartamento, al primo piano di viale Jenner 31, è uno di quelli confiscati alla mafia e per legge destinato a finalità sociali. Qui ciascuno ha le chiavi, può entrare e uscire quando vuole. Ci sono regole da rispettare, pranzo e cena alla stessa ora. Al momento cucina la signora Anna Marone, della cooperativa «La città del sole», ma l’obiettivo è «rendere queste persone autonome, in grado di badare a loro stesse - spiega Pino Calvano, l’educatore del Comune che ha la supervisione dell’innovativa casa a tempo - Li aiutiamo a inserirsi, magari a trovare un lavoro. Questa non sarà la loro sistemazione definitiva, è un approdo di mezzo per aiutarli a camminare da soli. Quando saranno pronti (la scadenza non è decisa a priori) si trasferiranno in una casa popolare e condurranno una vita autonoma». Certo non è facile, ammette Calvano. «La convivenza può rendere le cose difficili perchè qui nessuno ha scelto il proprio coinquilino (ci sono 4 ospiti, ne abbiamo conosciuti tre, un quinto arriverà a giorni), a volte nascono discussioni per piccole cose. E poi siamo partiti da zero». Racconta Anna, la governante: «Nessuno sapeva cucinare, sistemare la cucina, cambiare la biancheria, fare il bucato. All’inizio facevamo tutto noi, ora li stiamo affiancando, l’obiettivo è che imparino loro». A sessant’anni suonati. Non è mai troppo tardi per cominciare. «Il Comune ha voluto dar un’opportunità a queste persone - aggiunge Calvano - Pensi che dopo pochi giorni che stavano qua erano già diversi. Uno di loro mi ha detto: mi sento la pelle più liscia, è un indizio, la misura che fra il prima e il dopo le cose sono cambiate». L’esperienza di viale Jenner nasce per dare un tetto ai clochard o a chi ha ricevuto uno sfratto e non ha alternative. L’appartamento è stato affidato al Comune in agosto, era già ristrutturato ma la vasca idromassaggio è stata sostituita da due più pratici box doccia. È unica nel suo genere.
Da otto anni esistono altre case protette per anziani in varie zone della città, piccoli alloggi singoli, con mensa, corridoio e spazi in comune, gli ospiti sono quotidianamente seguiti da assistenti sociali. Un’alternativa all’ospizio e alla vita in condominio che a una certa età, se si è soli, significa solitudine. «L’appartamento protetto salvaguarda la privacy e garantisce la sicurezza dell’anziano - è convinta l’assessore ai servizi sociali Mariolina Moioli - Chi desidera può mangiare in compagnia o da solo». Ne esistono otto in via Zoagli, zona Quarto Oggiaro, la gestione è affidata a una cooperativa e otto in corso Lodi. Sei in piazzale Dateo, quattro bilocali e due monolocali, qui i governanti degli anziani sono i custodi sociali.

Infine una trentina di mini alloggi al quartiere Stadera, vicino alla residenza per anziani, in pratica all’interno dello stesso complesso residenziale, «in questo caso gli anziani hanno in comune con gli ospiti della residenza anche medici e infermieri. Insomma, cerchiamo il più possibile di non escluderli dalla rete dei servizi» ha chiarito Graziella Saracco responsabile dei servizi territoriali per anziani.

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