da Courmayeur
Jo Nesbø, norvegese di Oslo, è arrivato ieri a Courmayeur per il «Noir in Festival» ed è ripartito oggi. «Toccata e fuga» da musicista, la sua, visto che nel grande Nord è apprezzato al pari di un Tom Waits scandinavo con tendenze folk-pop e che stasera a Oslo terrà non uno, ma due concerti. Ma Nesbø scrive anche crime story intelligenti e di successo. Conosciuto in Francia, Germania, Inghilterra e Russia, è approdato ora anche in Italia con Il pettirosso (Piemme, pagg. 493, euro 19,90). Dove si delineano il più classico plot e il più scontato, in apparenza, dei leitmotiv di genere: il caso da risolvere e un personaggio ricorrente, un eroe «maledetto» dal grilletto facile, dedito allalcol, al sesso mercenario, alle droghe.
La vicenda si snoda su due piani paralleli, uno contemporaneo, laltro storico. Nel 1940, durante la Seconda Guerra Mondiale, un gruppo di giovani soldati norvegesi volontari combatte a fianco dellesercito tedesco alle porte di Leningrado. La battaglia li unisce, ma alla fine della guerra uno strano omicidio e una diserzione sfaldano il gruppo. Quando i sopravvissuti tornano in patria dopo mesi di freddo, paura, rabbia trovano ad attenderli laccusa di alto tradimento, la corte marziale, la prigione. Molti anni dopo, Harry Hole, poliziotto dellantiterrorismo, nel corso di unindagine su un possibile attentato trova sui monti attorno a Oslo i bossoli di un fucile di precisione tedesco di cui erano stati costruiti solo trecento esemplari. Insospettito dalla presenza di unarma tanto insolita, Hole inizia a indagare...
Nesbø, un romanzo norvegese in più in Italia, finalmente. Dalla patria di Knut Hamsun ne arrivano pochi, rari ma buoni...
«Non devessere stato facile trovare un traduttore dal norvegese, qui da voi. Non lo fu neanche in Russia. Cera un traduttore che non diceva una parola nella nostra lingua e così abbiamo parlato inglese...».
Vincenzo Monti, traduttore dellIliade, non conosceva il greco, ma è rimasto nella storia. A proposito di poeti, lei ha cominciato con la poesia. Cosa è rimasto di quelle origini?
«A dire il vero scrivo ancora poesie. Ne ho pubblicate alcune a sé stanti e altre per i testi dei brani musicali del mio gruppo. La mia scrittura, sul piano stilistico e del lavoro sulla parola, è del tutto debitrice alla poesia. Così come lo è la mia musica, in cui il testo conta al 75 per cento».
Harry Hole, che tipo è? Ascolta quel genere di musica?
«No. Lo si potrebbe associare al paradigma di tutti i detective, il Marlowe di Chandler, ma Harry è un eroe in senso a-morale, con un lato oscuro tuttaltro che trascurabile. Daltronde è ciò che voglio: smascherare, ribaltare, mostrare il volto latente, ma vivo, della realtà».
Nel Pettirosso cè la visita a Oslo di un presidente Usa, un naziskin che uccide un immigrato, ma anche la seconda guerra mondiale. Dietro a tutto ciò leterna lotta fra bene e male, democrazia e nazismo. Da che parte pende la bilancia?
«La Norvegia è un Paese molto giovane che ha bisogno di costruire e fondare la propria storia. In Norvegia si ritiene lepopea resistenziale come fondativa rispetto alla nostra moderna democrazia. In parte è vero. Siamo stati educati a pensare che fossimo sempre stati, senza ambiguità e unanimemente, dalla parte delle democrazie europee, come la Gran Bretagna. Ma non è così. Nel 40 la Norvegia fu invasa dai tedeschi e allora cominciò la resistenza. Ma il suo reale peso è stato un po esagerato dai vincitori. Molti norvegesi sono andati al fronte a combattere a fianco dei tedeschi come volontari. Lo fece mio padre. Mia madre, invece, apparteneva a una famiglia che faceva la resistenza.
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