Giuliano Ferrara cita indirettamente un famoso romanzo di Carlo Mazzantini: «Se pensano che quella al teatro Manzoni sarà un’adunata di reduci, di pasdaran del berlusconismo che cercano la bella morte, si sbagliano di grosso». No, no, oggi a Milano, non si troveranno colonnelli e soldati allo sbando davanti alla dissoluzione di un regime. Non siamo in un libro di Mazzantini. E il Manzoni non è il mitico ridotto della Valtellina. «Anzi - rilancia il direttore del Foglio - utilizzeremo gli argomenti sbandierati dal New York Times e dal Financial Times per dimostrare che il governo tecnico non è la soluzione che ci permetterà di uscire dalla crisi.
Ci vuole un governo politico e per questo diciamo: al voto, al voto subito». L’appuntamento, promosso dal Giornale e dal Foglio, è per questa mattina nel cuore della city ambrosiana. Sul palco Vittorio Feltri, Alessandro Sallusti e Giuliano Ferrara. Il titolo della manifestazione segna il percorso che i relatori vogliono seguire: «Votare subito nell’interesse del Paese».
Per carità, le posizioni non sono monolitiche e ci sono sfumature diverse nel pensiero degli opinionisti, come è normale che sia, ma c’è anche un comune sentire: il dire no all’esproprio della democrazia in nome di un’emergenza nazionale. «Sento puzza di bruciato - spiega il direttore del Giornale Alessandro Sallusti - c’è qualcosa di non detto in questa operazione che mi lascia profondamente inquieto. Vogliono un governo tecnico? Per me la strada maestra resta quella del voto, voto immediato, ma se proprio è necessario bere questo amaro calice allora che sia un governo tecnico fino in fondo, senza ministri di colore azzurro, rosso o arancione, con un tempo limitato e un programma preciso. Non mi sta bene che si utilizzi questo esecutivo, per esempio, per modificare la legge elettorale, e nemmeno che questo escamotage funzioni come un cavallo di Troia per portare la sinistra al potere. Se Monti gode del consenso generale, allora può rispondere alle richieste dell’Europa in pochi mesi. Può varare le misure necessarie e subito dopo, già in primavera, si potrebbe andare al voto».
Vittorio Feltri è lapidario: «La lettera della Banca centrale europea non è stata scritta ieri ma questa estate. Bene, se tutti sono d’accordo e vogliono quello che ci chiede l’Europa allora Berlusconi può rimanere al suo posto. E può essere lui a portare a termine le attesissime riforme. Evidentemente quelli che predicano il governo di larghe intese, in realtà non mirano al bene del Paese ma hanno altri scopi».
È una vecchia storia: il governo degli gnomi della finanza come quello dei giudici non è non può essere la soluzione, anche se in prima battuta raccoglie facilmente la standing ovation. Certo, i partiti bisticciavano e non decidevano mentre lo spread saliva come un ascensore fino a sfondare il tetto delle nostre certezze e delle nostre sicurezze.
Ora è tutto più difficile, molto difficile, ma anche sulle cause del disastro ci vuole cautela. Non è detto che quel che tutti indicano, urlando e sbraitando, sia il vero nemico che sta affossando l’Italia. Ferrara: «Questa non è la crisi del debito pubblico italiano, ma la crisi di governo dell’euro. Col debito pubblico conviviamo da decenni e lo stato ha sempre onorato i suoi impegni con gli acquirenti dei Bot e dei Cct. Questa situazione ha un’altra storia e altri responsabili: i guai li hanno combinati Nikolas Sarkozy e Angela Merkel. Perché Francia e Germania non sono state capaci di trasformare la Banca centrale europea nell’equivalente della Federal Reserve».
Se questa è la diagnosi, va cambiata anche la cura: «Il governo tecnico - riprende Ferrara - non sarà in grado di riparare ai guasti provocati ma in qualche modo finirà con l’assecondare proprio la linea del duo Merkel-Sarkozy. E invece ci vuole un governo politico, un governo forte, che faccia sentire le ragioni dell’Italia, un governo legittimato nel fonte battesimale delle urne».
L’happening misurerà la forza delle idee ma anche quella dell’opinione pubblica non allineata con il pensiero dominante. Si annunciano adesioni a raffica e interventi di personaggi che potrebbero avere un peso importante nelle prossime, convulse ore. Fra i nomi di chi ci sarà filtra quello della sottosegretaria Daniela Santanchè, ma la macchina organizzativa, messa in moto nel giro di 24 ore, va a pieni giri.
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