«Nessuna pietà per i pazienti Brega stia in carcere 21 anni»

Ha parlato per otto ore, il pubblico ministero. Ha ripercorso le storie dei pazienti che entrarono nella clinica Santa Rita perché convinti a farsi curare. Anche quando non ce n’era bisogno. O, peggio ancora, non c’era più nulla da fare. Entrati in sala operatoria, ne uscirono con cicatrici indelebili. «Tanto che da allora, qualcuno di loro ha iniziato ad avere paura dei dottori». Vittime di operazioni inutili, se non dannose. Ottantatré interventi dettati solo dalla logica del profitto. Decorticazioni ai polmoni, asportazioni del seno. Il bisturi come strumento per gonfiare i rimborsi sanitari. Otto ore di requisitoria che sono il calvario delle vittime di quella che - due anni fa - venne ribattezzata la «clinica degli orrori». Alla fine, il pm Grazia Pradella - che assieme alla collega Tiziana Siciliano rappresenta l’accusa nel processo a nove tra medici e manager della casa di cura - chiede condanne esemplari: 21 anni di carcere per Pier Paolo Brega Massone, ex primario di chirurgia toracica; 14 anni per Fabio Presicci e 8 anni per Marco Pansera, che erano nello staff di Brega. Per altri 6 imputati, le richieste sono comprese tra i 3 anni e 4 mesi e i due anni di reclusione. Pradella, inoltre, ha chiesto che venga riconosciuta l’aggravante della crudeltà per i casi in cui a essere operate furono quelle persone arrivate alla Santa Rita in condizioni di salute già compromesse, o addirittura in fase terminale.
Perché davanti ai giudici della quarta sezione penale viene ricostruita la vicenda di una presunta truffa al sistema sanitario giocata sulla pelle dei pazienti. Giovani (una diciottenne a cui venne asportato un seno per un tumore inesistente), e anziani (una donna di 81 anni con una frattura al femore finita in sala operatoria per un cancro ai polmoni che non c’era). «Una rincorsa all’intervento chirurgico ancora prima di capire se ne valesse la pena», l’aveva spiegata Elisabetta Pini, consulente dell’accusa. E Brega, Presicci e Pansera - per i quali l’accusa chiede che non vengano riconosciute le attenuanti generiche - sarebbero stati i campioni di questa rincorsa. I tre medici, inoltre, restano indagati per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà in relazione al decesso di cinque pazienti che, secondo la Procura, sarebbero morti in seguito alle operazioni subite, e ritenute inutili. Su tutti, però, spicca la figura dell’ex primario di chirurgia. Un medico «crudele, senza il minimo senso di umana pietà». Un uomo - è l’affondo del pm - «dall’indole particolarmente malvagia che è passato sopra tutte le vittime», con le quali aveva un rapporto «connotato solo dal profitto», mosso unicamente dalla prospettiva di «vantaggi professionali ed economici». In quella sala operatoria, nessuno ha «esitato a infliggere interventi chirurgici» a persone con la salute «gravemente compromessa e a malati terminali», spesso «totalmente incapaci, e che si fidavano» dei tre specialisti.


Lui, Brega, il principale imputato, incassa la richiesta di condanna. «Non so cosa dire, è un’accusa pesante - commenta fuori dall’aula -. Non ho nulla da aggiungere se non che ora parlerà la difesa, ma posso dire di aver agito sempre in buona fede».

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