Più trascorre il tempo e più Niccolò Fabi diventa unico e controcorrente. Lo era quando ha debuttato a Sanremo con Capelli (era il 1997, ultimo Festival di Mike Bongiorno) e lo è a maggior ragione oggi, 25 anni dopo, con percorso lungo e pacato e personalmente di raro dolore. Esce dopodomani 2 dicembre Meno per meno, che non è un disco in studio (pur avendo quattro inediti) e non è un disco dal vivo pur essendo stato ispirato da un concerto (quello del 2 ottobre all'Arena di Verona). In scaletta ci sono dieci brani orchestrali frutto dell'orchestrazione e della riscrittura fatte con il maestro Enrico Melozzi e la sua Orchestra Notturna Clandestina. «Sei brani sono parte del mio repertorio, altri quattro sono inediti su disco».
Difficile inquadrare il mondo di Niccolò Fabi, romano, classe 1968, colto ed educato come ormai capita di incontrare sempre meno spesso tra chi frequenta classifiche e concerti. Forse per questo la sua è stata finora una strada parallela a quella del mainstream fatto di dischi di platino, copertine e social. «Al Festival di Sanremo con Lasciarsi un giorno a Roma nel 1998 - ha detto all'Ansa - ho capito la mia incompatibilità con quel tipo di mondo. Con l'album La cura del tempo del 2003 ho sentito che le cose andavano nel modo giusto e al concerto all'Arena di Verona con Daniele Silvestri e Max Gazzè ho sentito tutto l'affetto del pubblico. Lì ho capito che la direzione che avevo deciso di prendere era quella corretta». Sempre riflessivo, Niccolò Fabi, e anche ieri, presentando il disco alla Santeria Toscana di Milano, non ha fatto eccezioni, parlando pacatamente, usando parole corrette e non improvvisate e aggiungendo sostanza ai suoi discorsi. Anche in questo è controtendenza. Non parla per slogan, anzi. Niccolò Fabi è l'anti slogan. Come quando spiega il titolo di questo disco espresso da un simbolo in copertina: «La musica malinconica ha un meccanismo catartico e liberatorio e serve per andare oltre. Ed è in questo senso che meno per meno dà più. È una delle prime formulette che abbiamo imparato a scuola. Ma poi nella vita artistica scopri che può rappresenta anche un altro meccanismo: la musica più scura e malinconica non peggiora il tuo umore, ma può migliorarlo. A me accade così e spero accada anche a chi mi ascolta».
Capelli di un grigiore luminoso, occhiali neri, eloquio garbato, Niccolò Fabi riesce a dire cose chiare anche senza alzare i toni. Come quando, rispondendo all'idea di Beatrice Venezi di istituire un albo dei critici musicali, ammette che la «democrazia del web» ha abbassato la competenza media di chi scrive di musica: «Un conto è guardare il Festival di Sanremo e, come facciamo tutti, dire questo è una pippa o quello è bravo. Un conto è avere competenza».
Insomma, anche in questo campo non ha senso affidarsi alla regoletta dell'«uno vale uno». Ma anche parlando di canzoni, Niccolò Fabi ha le idee chiare: «Forse la parabola della canzone è al tramonto perché credo che abbia raggiunto anni fa l'apice e oggi, in assenza di grandi ispirazioni, risulta spesso ripetitiva».
Ma cosa vuol dire, caro Niccolò Fabi? Non farà più dischi? «Sono affezionato come generazione al disco, ma l'ascolto ormai è frammentato ed è difficile che gli ascoltatori abbiano ancora il desiderio di calarsi nel mondo di un disco per così tanto tempo. Io sono uscito dal pensiero che per forza bisogna avere dieci canzoni tutte insieme». In sostanza, Niccolò Fabi potrebbe fare come fanno altri, ossia pubblicare pochi brani per volta, oppure solo uno, oppure addirittura «scrivere un libro».
Nell'attesa tornerà nei teatri ad aprile, partendo da Bologna il 17 aprile per poi passare dagli Arcimboldi di Milano (il 18) e via fino al Politeama di Genova il 24 maggio. Un concerto che vale l'ingresso in una dimensione parallela.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.