da Abuja
I quattro rapiti lo scorso 7 dicembre da un impianto dellAgip nel delta del Niger - tre italiani e un libanese - «stanno bene», ma i sequestratori sembrano non avere fretta di stringere il negoziato; anzi ieri, con una efficace prova di forza, hanno attaccato due strutture petrolifere, una dellAgip e laltra della Shell, senza provocare alcuna vittima e con il dichiarato obiettivo di tenere alta lattenzione sulle loro richieste. Con una strategia mediatica ben studiata, i sequestratori del Mend (Movimento per lemancipazione del delta del Niger) hanno prima annunciato tre attacchi con autobomba, quindi ne hanno eseguiti due, per poi concludere la giornata rivendicando gli attentati e, contestualmente, inviando al Corriere della Sera le foto degli ostaggi tuttora nelle loro mani (gli italiani Francesco Arena, Cosma Russo e Roberto Dieghi e il libanese Imad S. Abed).
Una accelerazione che però non significa che il Mend abbia fretta: tuttaltro. Le foto degli ostaggi, i quali appaiono in buone condizioni fisiche, sono state accompagnate da una mail che conferma una serie di richieste, tutte politiche e, quindi, ben più complesse da soddisfare. Se per i quattro tecnici dellEni diventa sempre più concreta la possibilità di passare le feste natalizie lontano dai loro familiari, anche lAgip si viene a trovare in una posizione poco rassicurante: «Le compagnie petrolifere straniere, tra cui lAgip, sono responsabili del degrado della Nigeria; hanno corrotto i governanti, sono colluse con i dittatori e hanno provocato lo scempio ecologico che è sotto gli occhi di tutti», si legge nella mail del Mend.
LAgip, ma anche la Shell, sembra così essere nel mirino del Mend, che però sottolinea la volontà di non voler ancora provocare vittime: «Per ora non vogliamo stragi di innocenti, non abbiamo ancora raggiunto questo stato di disperazione.
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