«Noi tigri siamo alla fame, ma niente resa»

Gli indipendentisti accusano il governo di avere violato la tregua e di impedire l’arrivo dei viveri nella provincia ribelle

da Batticaloa (Sri Lanka)

I proiettili d’artiglieria governativi lacerano il buio della notte con un fischio sinistro per andare a schiantarsi oltre la laguna di Batticaloa, nella sacca controllata dalle «tigri», i ribelli tamil dello Sri Lanka bollati come terroristi dall’Unione Europea. Grazie al telefono satellitare riusciamo a comunicare con una delle basi del movimento armato separatista, obiettivo dei bombardamenti. Alla fine ci chiamano da Kilinochchi, il quartier generale dell’Ltte (Liberation tigers of Tamil Eelam), nel nord del Paese, per farci parlare con il «fratello» Thayamohan, nome di battaglia del leader politico delle «tigri» nel distretto di Batticaloa.
L’artiglieria spara ogni giorno nello Sri Lanka orientale. Che cosa sta accadendo?
«L’esercito governativo vorrebbe occupare i territori sotto il nostro controllo. Colpiscono la popolazione, oltre che con l’artiglieria e l’aviazione, con l’arma della fame. Dallo scorso agosto sono centinaia le persone uccise dai bombardamenti nel distretto di Batticaloa (zona tamil nell’est del Paese, ndr) e le nostre aree sono sotto assedio. Anche i corridoi umanitari sono stati bloccati e non riceviamo cibo o medicine da mesi. Le scorte si stanno esaurendo e abbiamo le prove fotografiche che dimostrano le sofferenze dei civili colpiti dalle bombe governative».
Il cessate il fuoco del 2002, fra le «tigri» e il governo è saltato, ma formalmente scade questo mese. Dovrebbe essere rinegoziato. Che cosa accadrà?»
«L’Ltte vorrebbe continuare a mantenere la tregua, ma i militari dello Sri Lanka l’hanno violata e continuano a violarla, cercano di invadere i nostri territori. Noi non abbiamo ancora lanciato alcuna offensiva e chiediamo alla comunità internazionale di fare pressioni per prorogare il cessate il fuoco».
Il governo e i militari hanno chiarito che vogliono «ripulire» la zona orientale del Paese dalle sacche sotto il controllo delle tigri.
«La tregua prevedeva delle linee di demarcazione, che dividevano le nostre aree da quelle governative. I militari non dovevano oltrepassarle ed ora lo stanno facendo. Se vogliono la guerra l’avranno».
Siete pronti a negoziare con il governo, dopo il fallimento degli incontri di Ginevra dello scorso anno?
«Siamo pronti a sederci attorno a un tavolo, ma prima il governo deve riaprire i corridoi umanitari per alleviare le sofferenze della nostra gente, permettendo l’invio di generi di prima necessità, di farmaci e materiale sanitario. Quando lo faranno torneremo a negoziare. Non possiamo trattare, mentre ci ammazzano».
L’Unione europea vi ha bollati come terroristi. Come replica a questa accusa?
«Siamo rimasti scioccati quando abbiamo saputo della decisione degli europei. Non avrebbero dovuto metterci al bando come gruppo terroristico, perché tutti sanno che combattiamo per i diritti del nostro popolo».
Il vostro gruppo armato, però, è stato il primo ad utilizzare i kamikaze.
«Noi combattiamo contro il governo dello Sri Lanka e il suo esercito e colpiamo obiettivi militari o legittimi. Ogni combattente dell’Eelam (lo stato indipendente tamil, ndr) è pronto a sacrificare la vita per il suo popolo e la sua terra».
Il governo sostiene che siete disperati, come dimostrano gli attentati agli autobus delle ultime settimane. Perché colpite i civili?
«Non è vero che siamo noi i responsabili di questi attacchi. Ci accusano sempre, ma le prove non saltano mai fuori».
L¹obiettivo finale delle «tigri» rimane rimane uno stato indipendente tamil o vi basterebbe un’ampia autonomia in una repubblica federale?
«Il nostro obiettivo è l’autodeterminazione.

Se non ci fosse stato un bagno di sangue durato anni, si potrebbe discutere come far rispettare i diritti del nostro popolo, ma non abbiamo alcuna fiducia nel governo dello Sri Lanka, nei militari e negli impegni che non hanno rispettato (la stessa accusa viene rivolta dal governo alle “tigri”, ndr)».

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