Non è musica per vecchi. La rivincita della classica

I grandi compositori avevano vite da rockstar. Ci sono musicisti e registi capaci di raccontarle

Non è musica per vecchi. La rivincita della classica
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I compositori di musica classica hanno avuto vite avventurose, da romanzo, di quelle che i nostri tempi, proni al perbenismo, cancel culture e affini, censurerebbero. Vite alla Caravaggio, alla Pasolini: oltre i limiti. Proprio da queste esistenze e teste geniali promanano lavori freschi, vivi, talvolta scritti con la caraffa di birra o il bicchier di vino o di vodka sul pianoforte: da Brahms a Mussorgsky, passando per Beethoven e via discorrendo. Eppure grava sulla classica una coltre di pregiudizio, i più danno per scontato che sia polverosa, per adepti. Si bolla quando si ignora, e la musica è ignorata dalla nostra scuola superiore e sottostimata alle elementari, si fa meglio alle medie grazie a una rinnovata generazione di docenti, ma non basta.

È stata pure mal raccontata, la classica. Per intenderci, sono mancati gli Alessandro Barbero (per la Storia), i narratori appassionati ma allo stesso tempo competenti. Le lezioni sull'opera italiana di Riccardo Muti, prodotte da Rai Cultura, sono l'oasi nel deserto. E arriviamo così al punto: ai musicisti che facendo di necessità virtù stanno colmando il vuoto con podcast, docufilm ma anche solo con introduzioni all'ascolto avvincenti. Avvincenti perché sono il frutto di artigiani del suono in confidenza con la materia, di qui la scioltezza anche nel comunicarla. Gli artefici di questa svolta non sono i teorici e la pletora di dilettanti saccenti, ma i musicisti, coloro che sanno perché fanno, avvezzi alle grandi platee. Giusto un pianista, è Filippo Gorini (nella foto), riesce a tenerti inchiodato alla poltrona con 14 video-podcast sull'«Arte della fuga» di Bach (RaiPlay): la più teoretica delle opere musicali. È entrato nella bottega di Alexander Polzin per raccogliere il punto di vista di un pittore-scultore, a Cremona ha incontrato il violoncellista Isserlis che dice tutto in poco: «Se non capisci il senso dell'umorismo e della gioia in Bach, non capisci Bach». Vero. Con l'architetto Frank Gehry si indagano le somiglianze tra la mente di Bach e di un architetto mentre la neuroscienziata Alice Mado Proverbio ci racconta cosa accade nel cervello quando si ascolta Bach.

E ancora. Il controtenore Raffaele Pe, pure artefice dell'Orfeo Week nella sua Lodi, sta lavorando a un podcast dedicato al Barocco. Sulle tracce di Haendel e Bach esplorerà i mancati incontri tra i due pesi massimi del Barocco, poi si scoprirà perché il clavicembalista Domenico Scarlatti chiese di levare la patria potestà ad Alessandro, sommo musicista nonché suo padre. E via discorrendo. Luigi Piovano, primo violoncello di Santa Cecilia, va a braccio quando introduce i propri concerti; in quelle sue pillole introduttive c'è tutto: aneddoti, storia, spiegazioni tecniche a misura di neofiti.

Nel film Piano Alchemy, il pianista italo-svizzero Francesco Piemontesi - in recital alla Scala il 17 febbraio - esplora l'atto del suonare il pianoforte tra ricerca del canto (con Pappano), fisicità da atleta (con Pires), tensione al trascendente a colloquio con Jean Rodolphe Kars, pianista e sacerdote, non necessariamente in questo ordine.

Largo dunque ai musicisti i più abili nel comunicare la gioia dell'ascolto della classica. Che Non è musica per vecchi: titolo - tra l'altro - di una serie di podcast con spaccati di vite d'artista, sfide epiche, psicologia ma anche sociologia dell'ascolto. Vi hanno lavorato musicisti, sceneggiatori, sound designer, attori per cui le voci narranti non hanno inflessioni regionali e difetti di pronuncia. Li ha prodotti Nova Symphonia Patavina, associazione di Padova lanciata da un ingegnere elettronico, che è pure pianista con studi in direzione d'orchestra e coro, con i fondi di un piccolo bando, ora esauriti e con essi pure i podcast, ha confezionato un prodotto da far invidia ai giganti della comunicazione.

Si registra un bel movimento sul fronte della narrativa della classica, fatta la narrativa, ora bisogna però fare gli ascoltatori. Manca il colpo d'ala che dia popolarità a tanto fermento, la spinta che trasformò Barbero in una star da milioni di visualizzazioni.

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