«Se sapere... Se sapere cosa questo uomo avere in testa, chiamare noi prima la polizia!». Rasema, 40 anni, faccia cotta dal sole e fazzoletto giallo in testa, grida la sua disperazione davanti a fotografi e telecamere. Se ne sta sulla soglia di uno dei piccoli insediamenti abusivi di rom a Muggiano, sul confine con la tangenziale est, in mezzo a rovi, sterpaglie e masserizie. Lì, in una quindicina di camper e roulotte, vivono da anni una ventina di nomadi bosniaci, tutti membri della famiglia dei Sulejmanovic. Ed è passata poco più di unora da quando la polizia ha portato in questura Nazif «Nazo» Sulejmanovic, 77 anni, capo storico del campo nomadi dellOlmatello di Firenze e dellintero clan dei Sulejmanovic. Ieri mattina dopo il caffè il vecchio - che negli ultimi sei mesi faceva spesso la spola tra il capoluogo toscano e Milano a bordo della sua Hyunday bordeaux - ha reagito a un insulto della nuora Halida e, dopo aver afferrato la sua pistola dalla cintola dei pantaloni, ha cominciato a sparare. Una raffica di otto colpi. Che uccidono i nipoti del vecchio: Salvatore «Rambo» Sulejmanovic, 17 anni, si accascia al suolo e muore subito; la sorella Svetlania - che aveva compiuto 20 anni sabato, ed è madre di Shekira (2 anni) e Leonardo (4 mesi) e incinta di cinque settimane del terzo figlio - se ne andrà mezzora più tardi al San Carlo, tra le braccia del marito Angelko. Resta ferito, ma non gravemente, un terzo ragazzo, Roberto, 34 anni, che era lì per caso. «Ma a lui non volevo far male. Volevo ammazzare solo quelli del mio stesso sangue. Non mi portavano più rispetto, mi trattavano male già da 3 anni per contrasti famigliari...» insiste Nazo davanti al pm Stefano DAmbruoso e ai poliziotti delle volanti che lo hanno portato via dal campo prima che gli altri nomadi lo lincino.
In realtà quella dei Sulejmanovich è una vera e propria saga familiare. Il patriarca Nazo era già stato condannato tre anni fa dal tribunale di Firenze perché ritenuto colpevole di ricettazione dei proventi di borseggi e furti ai turisti nel centro della città per i quali erano già stati condannati alcuni suoi parenti, accusati di aver impiegato i bambini per i loro raggiri. Polizia e carabinieri, infatti, in Toscana, tra la fine degli anni 90 e i primi del 2000, hanno messo a segno diverse operazioni contro questi nomadi, riducendo notevolmente i furti e i borseggi a Firenze. Nel frattempo, però, sui Sulejmanovich cala lombra della morte. Tre dei figli di Nazo - Shewco, Giuliano (padre di Salvatore e Svetlania) e la sorella Beba - simpiccano in carcere (il primo a Reggio Calabria nel 2003, gli altri due a Bologna, nel carcere Dozza, nel 2004). Nellagosto dellanno scorso, infine, Graziano, 34 anni, detto «il principe dellOlmatello», figlio di Shewco e nipote adorato di Nazo che ne apprezzava intelligenza e crudeltà, muore inalando gas butano dalla bomboletta del fornelletto che i detenuti usano per cuocere i cibi in cella. Il suo cadavere rimane a lungo allobitorio: per portarlo a Prato e seppellirlo ci vogliono, infatti, 1600 euro. E nonostante i Sulejmanovich siano miliardari, nessuno può toccare un soldo perché auto, conti correnti e gioielli sono tutti congelati dallautorità giudiziaria.
«Nazo non ha mai perdonato alla nuora Halida di aver accusato suo figlio Graziano di violenza sulla loro figlia, Svetlania.
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