«La nostra corsa fra le fiamme per salvare nonna e bambino»

«La nostra corsa fra le fiamme per salvare nonna e bambino»

«Non ho mai paura di farmi del male, ma piuttosto di non riuscire a finire ciò che ho cominciato. L’altra sera, davanti a quell’incendio, quando il mio capo pattuglia è entrato nell’edificio, l’ho subito seguito: ho un’immensa fiducia in lui e quando parte, parto anch’io. Nello stabile c’era un fumo densissimo, che invadeva gli occhi e la gola e, oltre a impedire di respirare, nascondeva tutto. Ma insieme siamo riusciti a salire ben tre piani e a mettere in salvo un’anziana di 70 anni e un 14enne. Ma anche un cane, Tobia, il barboncino dal quale la pensionata non si stacca mai e per la quale è come un figlio».
Bella fuori e dentro l’agente Manuela Marion, 33 anni e origini mantovane, non è solo l’immagine sognante dagli occhi verdi del mese di febbraio del calendario 2009 della polizia di Stato. È anche quello che i suoi superiori, all’Ufficio prevenzione generale della questura milanese (l’Upg, che coordina le pattuglie sul territorio, le «volanti»), considerano un ottimo «elemento», che condensa in sé passione e determinazione per un lavoro che le piace e la fa sentire utile e importante per il prossimo. Insieme al suo capo pattuglia - l’agente scelto Francesco Lelli, di un anno più giovane di lei e padre di un bimbo di 6 mesi - Manuela (che è figlia di un carabiniere in pensione) mercoledì sera alle 20, infatti, ha affrontato il fuoco divampato nello studio legale al primo piano di uno stabile di via Vitruvio e salvato due vite umane. Un gesto compiuto con un tempismo da record e un coraggio da leoni. Doti che hanno suscitato il plauso entusiasta dei cittadini tanto che in questura sono arrivate telefonate e lettere di complimenti per i poliziotti-eroi.
«Siamo arrivati a bordo della volante Città Studi da via Plinio non appena abbiamo sentito la radio che ci comunicava lo scoppio dell’incendio in via Vitruvio 39, uno stabile di 4 piani - racconta l’agente Manuela Marion -. Sul posto non c’erano ancora i vigili del fuoco (che sono giunti qualche minuti dopo) ma le fiamme, dal primo piano, avevano già raggiunto il terzo. L’avvocato e il suo praticante, che occupavano lo studio dal quale il fuoco aveva avuto origine, erano già scappati, infilandosi nella porta finestra e calandosi giù, mentre la maggior parte dei residenti aveva evacuato il palazzo».
Bloccati, rispettivamente al secondo e al terzo piano, una donna del ’39, Virginia C. con il suo barboncino Tobia e un ragazzino di origini cinesi, Enrico H., 14 anni.
«Il mio capo è entrato e io l’ho seguito - prosegue Manuela -. Dopo aver superato le fiamme al primo piano, abbiamo infilato le scale per raggiungere la parte superiore del palazzo, quella più invasa dal fumo che saliva, appunto, verso l’alto. Così, spalancando le finestre dei pianerottoli per respirare, per poi tornare “in apnea” nel fumo, lui ha portato giù il bimbo, mentre io mi sono caricata la signora su una spalla e il cane dall’altra e ho cominciato a scendere le scale. Gioco a pallavolo e il mio fisico atletico mi è d’aiuto in simili situazioni, ma il fumo rendeva tutto molto difficile.

L’anziana voleva rispondere al telefonino che aveva in tasca, ma si muoveva troppo e gliel’ho impedito riprendendola in maniera molto dura. Una volta in salvo le ho chiesto scusa. “Lei è il mio angelo” - mi ha risposto con le lacrime agli occhi -.Ha salvato me e il mio Toby”».

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