Per la nuova moschea a Como è scontro tra Comune e islamici

Il sindaco Bruni: «Non siamo contro di loro, ma non faremo marcia indietro»

Andrea Corti

da Como

Volevano una moschea vista lago e invece si sono visti togliere anche quel vecchio magazzino di giocattoli dove si ritrovavano a pregare Allah. Ma ogni volta che il Comune di Como chiude la porta agli islamici, loro trovano qualcuno che li aiuta. È successo anche ieri, per la prima preghiera del venerdì dopo la chiusura della moschea di via Pino. Doveva tenersi al freddo e al gelo, fuori dal municipio. Si è svolta al caldo, nei locali gentilmente concessi dai Padri somaschi. Uno spostamento dell’ultimo minuto che ha permesso agli islamici di stare alla larga dai nemici di An, riuniti davanti al municipio «per protestare contro l’ennesima provocazione della comunità musulmana». La Lega aveva già manifestato la sera prima mentre il sindaco forzista Stefano Bruni, affatto intimorito per essersi trovato all’ultimo consiglio comunale con i fedeli di Allah in protesta, si era scocciato: «Se pensano che alzare la tensione serva a farci fare un passo indietro sul caso moschea si sbagliano di grosso. Non ostacoleremo eventuali soluzioni alternative, ma non li aiuteremo a trovarle». Il centrosinistra, che da sempre spalleggia gli islamici, è corso in loro soccorso anche stavolta e trecento musulmani hanno trovato un posto dove pregare.
I seguaci di Maometto salvati dai cattolici, un evento che ha portato il portavoce Safwat El Sisi a festeggiare: «Questo è il vero esempio di integrazione ed è la prova che non tutti i comaschi ci odiano». Odiare forse è una parola un po’ grossa, ma di sicuro tra gli islamici e il sindaco non c’è un clima da luna di miele. Tutto aveva avuto inizio lo scorso anno con la festa di fine ramadan in quell’immensa fabbrica dismessa di proprietà comunale che è la Ticosa. El Sisi aveva promesso una preghiera raccolta, ma la Ticosa era stata invasa da quasi quattrocento islamici. Il sindaco si era sentito tradito e aveva negato il bis. Gli islamici sfrattati avevano trovato ospitalità al palazzetto dello sport. I loro guai, però, non erano ancora finiti. Sul sotterraneo di via Pino, che doveva essere solo la sede dell’Associazione culturale islamica ma che di fatto veniva usato come moschea, pesava lo spettro della chiusura causa mancanza di lavori per la messa a norma. Gli islamici non hanno fatto richiesta di condono e il sindaco ha emesso l’ordinanza di sgombero poi attuata. El Sisi e i suoi compagni si sono ritrovati senza più una cupola sotto la quale pregare ed è tornata la tensione che si era creata con la fiaccolata della Lega animata da Borghezio.
«Noi non siamo contro di loro, ma non faremo marcia indietro», ha annunciato Bruni. Mentre il vicepresidente del gruppo An alla Camera Alessio Butti ha tuonato: «Noi siamo per il dialogo e l’integrazione, ma gli islamici puntano all’annientamento della civiltà occidentale e non alla preghiera pacifica».

El Sisi continua a chiedere una nuova moschea e annunciando un nuovo incontro sul dialogo, che si terrà in biblioteca il 17 dicembre, dichiara: «Sono loro che ci devono chiedere scusa, noi chiediamo scusa solo a Allah». Sembra che il segno di pace non sarà scambiato in occasione del Natale.

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