Obama corteggia gli ebrei: «Sto con Israele»

Il candidato in una sinagoga della Florida: «Non sono musulmano e sono contro l’Iran»

da Washington

«Non giudicatemi dal mio nome strano. Non giudicatemi dal colore della pelle». Barack Obama ha deciso che la migliore risposta è l’attacco di fronte all’accumularsi degli indizi, veri o presunti, secondo cui la sua candidatura alla presidenza susciterebbe riserve fra gli ebrei americani. Un’eventualità cui si è più volte accennato, che è emersa - ma in misura ridotta - nelle scelte di quel gruppo di elettori in alcune primarie democratiche e che è comunque destinato a essere ripreso con maggior risonanza dai repubblicani. Allora l’uomo che è ormai certo di essere lo sfidante di John McCain in novembre ha preferito mettere le carte in tavola ed è andato a parlarne in una sinagoga di Boca Raton, in Florida, Stato spesso decisivo nei duelli per la Casa Bianca. È andato ad ascoltare, a parlare, a giocare d’anticipo. «Se ricevete una di quelle strane e-mail in cui si racconta che sono musulmano, non cascateci. Sono cristiano. Il mio primo nome, Barack, è lo stesso anche in ebraico e significa Benedetto. (Qualcuno si era già accorto che Obama si chiama anche come il Papa). Un cristiano impegnato a preservare l’alleanza fra l’America e Israele».
E qui ha toccato il punto più delicato: la diffidenza di alcuni sostenitori dello Stato ebraico nei confronti di un leader degli Usa che si è detto pronto a trattare con l’iraniano Ahmadinejad. «È qualcuno - ha chiesto un ascoltatore - che nega l’Olocausto e si augura la distruzione di Israele. Io non ho difficoltà a votare per un candidato di pelle scura, ma il problema è se egli sarebbe il miglior comandante in capo agli occhi di Israele e degli altri alleati dell’America». Osservazione diretta, risposta secca: «L’esperienza ha dimostrato che non parlare con i nostri nemici è una strategia che non funziona. È molto più produttivo un dialogo condotto con fermezza e in termini chiari».
Obama ha «convinto gli ebrei»? La risposta non è semplice. Gli ebrei americani, e Barack lo ha ricordato anche a Boca Raton, sono stati vicini agli afroamericani nei momenti più duri per questi ultimi. «C’era un legame che mi spiace si sia deteriorato». Ma la questione non è né razziale né religiosa: concerne la politica nel Medio Oriente, riguarda Israele e non «gli ebrei».

Bush e i suoi consiglieri neoconservatori hanno seguito la linea di più deciso appoggio allo Stato ebraico e ciò è stato apprezzato. Ciononostante la grande maggioranza degli ebrei Usa ha continuato a votare per i democratici. Solo una grave crisi potrebbe cambiare questo atteggiamento. E solo dall’Iran potrebbe scaturire.

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