Ogni 100 donne milanesi 85 figli o anziani da accudire

Un po’ per inclinazione, un po’ perché lo si dà per scontato, più spesso perché costrette dalle necessità: a Milano sono le donne che si prendono cura degli altri, dei cosiddetti soggetti deboli, bambini e anziani. E la tanto sbandierata divisione dei compiti sembra ancora lontana a leggere i dati di una ricerca commissionata dalla Caritas Ambrosiana allo Studio Gender. Nel capoluogo lombardo, infatti, per ogni cento donne tra i 25 e i 64 anni, ci sono 85 persone da loro «dipendenti». Ottantacinque persone di cui la donna si deve - e si vuole - fare carico: 55 hanno meno di 18 anni (sono quindi i figli) e 30 hanno più di 75 anni (sono genitori, suoceri, o il coniuge stesso). È questa la fotografia di una situazione che tradotta in altri termini suona come: ogni donna adulta a Milano ha sulle sue spalle un’altra persona da accudire. Schiacciate dagli impegni, dai sensi di colpa e dallo stress, sono moltissime le donne che non riescono a organizzare la propria quotidianità e si sentono perennemente oppresse dal tempo da dedicare agli altri. Questi numeri spiegano il perché. La cura dell'anziano non più autosufficiente ricade, dunque, sulle famiglie. In due casi su tre lasciate a loro stesse. In particolare sono le donne - figlie, mogli, nuore - le indiscusse protagoniste del lavoro di cura. Sempre secondo i dati dello Studio Gender, Il 77 per cento del lavoro familiare ricade sulle loro spalle.
E le prospettive sono tutt’altro che luminose. «A causa della denatalità e dell’invecchiamento della popolazione, nel giro di pochi anni arriverà la generazione dei figli unici: loro dovranno farsi carico di genitori anziani. Inoltre dovranno conciliare questi oneri di cura con il lavoro. Fatto tutt’altro che pacifico dal momento che anche le donne alle quali fino ad oggi si sono demandate queste incombenze, hanno un impiego che le tiene fuori casa - commentato il direttore della Caritas Ambrosiana don Roberto Davanzo -. Se continuiamo a ritenere che l’istituzionalizzazione deve esser l’ultima spiaggia, dobbiamo anche porci il problema della sostenibilità della domiciliarità delle cure. Una questione cui oggi hanno messo una pezza le tante assistenti familiari straniere, le cosiddette badanti, ma che non possiamo considerare la sola soluzione per un problema così epocale». L’ospizio insomma è visto ancora come soluzione limite. «Spesso i figli si sentono in colpa - spiega la psicologa Marta Crippa -. Nei confronti delle strutture per anziani ci sono ancora molti pregiudizi». Il risultato è che a Milano due famiglie su tre con a carico una persona anziana non autosufficiente, provvedono da sole a prestargli le cure di cui ha bisogno, magari con un aiuto esterno, ma che da solo non basta. E allora spesso è il figlio (o la nuora) che assiste il genitore. Ma a volte è la moglie, con qualche anno in meno, che si prende cura del marito più avanti con l’età. «L’impegno, nei casi più gravi, è talmente gravoso da essere controproducente tanto per chi offre aiuto che per chi lo riceve - continua don Roberto Davanzo - al punto da generare nell’uno e nell’altro sentimenti di frustrazione e rancore».

Cortocircuiti che, secondo la Caritas possono trovare una soluzione: dal potenziamento dei centri diurni alla creazione di strutture residenziali temporanee a cui affidare gli anziani per periodi brevi, dall’apertura di sportelli di counseling psicologico per familiari e anziani alla promozione di gruppi di mutuo-aiuto.

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