Okkupazione-record in centro storico

Il palazzo si riconosce dalle sue ferite: vetri rotti, ante spaccate, tende posticce, di cartone. La facciata è una selva di liane bianche che cadono dall’alto, fili ribelli scossi dal vento e dal traffico incessante di via Maria Adelaide, in pieno centro storico. Piazza del Popolo è a pochi passi, girato l’angolo, ma al civico 14 è di scena sempre e solo il degrado.
Da quattro anni abbondanti ormai, dal quel 21 dicembre del 2005 quando 150 famiglie di senzatetto e sfrattati, più stranieri che italiani, hanno “okkupato” gli appartamenti intorno a mezzogiorno. E sono ancora lì, oggi. Anzi sono aumentati, fino a raddoppiare se non addirittura triplicare, umiliando e straziando quello che una volta era uno stabile signorile. Che, ora, ha le fattezze di un nobile decaduto, rassegnato a un destino senza uscita.
C’è la mano di Action dietro l’invasione, una mano che si legge ancora a lettere cubitali blu sulla destra del portone malconcio, pieno di graffi e di graffiti. Action è una organizzazione della sinistra antagonista «specializzata» nell’occupazione di immobili pubblici e privati. E in via Maria Adelaide quella di Action è una mano ingombrante, forse addirittura potente, visto che la Regione Lazio non è mai riuscita a porre rimedio allo scempio, a riprendersi una proprietà, la sua, così pregiata, potenzialmente molto redditizia.
Già, perché sull’edificio pesa l’immobilismo di via Cristoforo Colombo, che poco o nulla ha fatto per rimettere indietro le lancette e tamponare quello che è un gigantesco spreco. «Pensiamoci bene - fa notare il consigliere Donato Robilotta - da una parte alcuni uffici sono stati presi in affitto, dall’altro ci si concede il lusso di lasciare che palazzi del genere rimangano abbandonati a se stessi. Qui ci sono i margini per l’intervento della Corte dei Conti».
La Regione, in verità, qualche sparuto sforzo per risolvere l’inghippo, o almeno per lavarsene le mani, lo ha tentato. Nel 2008 ha bandito un’asta pubblica per venderlo, imponendo però ai potenziali acquirenti delle condizioni ai limiti dell’assurdo, del grottesco: «L’aggiudicatario dovrà mettere a disposizione per la durata di un anno una o più strutture abitative ubicate sul Comune di Roma dove trasferire le famiglie in emergenza abitativa censite all’interno dell’immobile di via Maria Adelaide 14». Cioè, in soldoni: chi compra sgombra e i cocci sono suoi. Di più: per 365 giorni deve sistemare da qualche parte gli occupanti, a sue spese. Risultato? Il più ovvio: asta deserta. Pare che ora stiano provando a bandirne una seconda, ma il timore è che il copione si ripeta invariato, identico.
Intanto dietro piazza del Popolo il palazzone si staglia in mezzo alle sue contraddizioni: è un monolite sgraziato in mezzo a palazzine eleganti con portieri e corredo di macchine di grossa cilindrata e vetri oscurati. I residenti sono remissivi, si sono rassegnati a una situazione che pare senza sbocchi, ma il loro malessere è evidente, è una molla pronta a scattare al minimo sollecito: «Di notte si azzuffano, litigano, è capitato più volte che arrivassero i carabinieri», racconta una signora che vive in zona da più di un decennio. «Ne ho viste di tutti i colori - aggiunge - ma una cosa del genere non me l’aspettavo. Non mi spiego come e perché sia durata così tanto». Gli altri dicono praticamente le stesse cose, aggiungendo dettagli spiacevoli e poco eleganti da riportare. «Quel palazzo svaluta mezzo quartiere, ormai si è sparsa la voce e vendere una casa nei dintorni non è diventato facilissimo», fanno sapere da un’agenzia che tratta immobili di lusso. Sotto via Maria Adelaide 14, intanto, il traffico scorre indifferente.

Al portone non c’è citofono, si entra solo con la chiave o accodandosi a una mamma con bambino, senza dare troppo nell’occhio. Lì si può restare, sistemandosi da qualche parte, mentre all’esterno una finestra perde un altro pezzo e un filo bianco continua la sua danza pigra al ritmo del vento.

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