Gli olandesi di Abn restano al 7,7 per cento

Arpe si dice soddisfatto dei conti del 2005. Balzo del 3% per le azioni

da Roma

«Sono molto soddisfatto per l’andamento dell’ultimo trimestre 2005 e per l’inizio del 2006». L’amministratore delegato di Capitalia, Matteo Arpe, a margine di un convegno su Basilea 2 organizzato da Mcc, si è mostrato ottimista sui conti dell’istituto di credito. Ma l’ad aveva anche un altro motivo per essere soddisfatto. Con il titolo Capitalia salito poco sopra i 5 euro (+3,8% a 5,1 euro), ieri ha infatti visto raddoppiare il valore del suo investimento di 500mila euro sulle 200mila azioni che aveva comprato nel gennaio 2004 al prezzo unitario di 2,50 euro. Per l’acquisto di quel pacchetto di azioni, Arpe aveva investito il 50% della sua retribuzione netta percepita nel 2003. Un’operazione effettuata «a testimonianza delle potenzialità e della fiducia della banca», tanto che successivamente l’ad ha rinunciato a esercitare le sue stock option. Più di recente, nel luglio 2005, l’amministratore delegato di Capitalia ha acquisito sul mercato altre 100mila azioni a 4,5 euro.
La banca olandese Abn Amro, intanto, non reintegrerà la propria partecipazione in Capitalia al 9% dopo la diluzione avvenuta per effetto dell’incorporazione della controllata Fineco che l’ha portata al 7,7% circa. Venerdì scorso è scaduto il termine concesso ai pattisti per dare indicazioni circa le loro intenzioni di ricostituire o meno le loro quote diluite nel capitale della banca. A dare la loro disponibilità sono stati in parecchi, ma non gli olandesi che hanno recentemente assunto il controllo di Antonveneta.
Ieri l’ad di Capitalia ha toccato diversi temi, tra cui quello relativo all’introduzione di nuovi servizi alla clientela previsti dal piano Delta 2 della banca. «Sono molto positivi i riscontri di interesse - ha detto - molte filiali che hanno introdotto l’estensione dell’orario di apertura al sabato hanno un’operatività superiore a quelle che hanno in orari tradizionali. È la conferma che l’esigenza c’era». L’ad ha quindi ricordato i 5 milioni investiti a fondo perduto in 6 mesi per l’introduzione dei nuovi servizi alla clientela. Sottolineando che «Capitalia è un’impresa e non sfugge all’innovazione», Arpe ha poi parlato di «un nuovo modo di fare banca». Questo, ha spiegato, soprattutto in riferimento al rapporto con le imprese.

L’esempio portato è quello della Fiat: «Un grande gruppo industriale italiano poteva essere salvato da un’azienda americana. Oggi invece la situazione è diversa anche grazie al supporto delle banche che in un momento di difficoltà non si sono tirate indietro».

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