OLIMPIADE DI PECHINO 2008

nostro inviato a Pechino
In pratica succede questo: quando il giornalista schiaccia il fatidico pulsantino d’invio e il suo articolo o servizio o reportage salta in groppa a Internet, in quell’attimo stesso, da qualche parte nella sconfinata Cina, c’è l’addetto “x” al server “x” che, se solo vuole, può controllare il contenuto di quanto inviato. Non ci sono prove di tutto questo, ma solo enormi sensazioni, diversi strani inconvenienti e un dato di fatto: da queste parti, il sito web della Bbc è tra i meno graditi e, guarda caso, tra i più oscurati.
Fatto sta, ieri, durante la giornata clou del primo Briefing mondiale sul ruolo dei media durante le olimpiadi cinesi, i padroni di casa hanno cercato finalmente di tranquillizzare gli animi. Sull’argomento è addirittura intervenuto Liu Qi, segretario del partito comunista di Pechino, membro del comitato centrale cinese e, nella fattispecie, numero uno del comitato organizzatore dei Giochi (il Bocog). Il tono amichevole usato e le molte aperture annunciate hanno sorpreso. Da una parte, nel cuore dei cinesi olimpici stanno finalmente facendo effetto i corsi di libertà di stampa e rapporti con i media frequentati nelle università Usa da molti funzionari di partito proprio in previsione dei Giochi; dall’altra, l’avvicinarsi del fatidico 8-8-2008 (giorno di apertura dei XXIX Giochi olimpici) e il relativo e continuo aumentare delle richieste di visti giornalistici hanno spinto il governo ad accelerare la rivoluzione mediatica.
«Nei Giochi, la stampa e i media in genere, - ha spiegato Liu Qi - hanno ricoperto un ruolo fondamentale nel diffondere lo spirito olimpico e nell’accrescere la fratellanza fra i popoli e la conoscenza tra il Paese che ospita la manifestazione e tutti gli altri. Per questo i media contribuiranno al successo delle nostre olimpiadi». Frase gentile e di circostanza se si fosse in occidente, frase rivoluzionaria in un Paese che ha fatto del controllo di stampa e tv un caposaldo. «Sì, non ci saranno limitazioni per i giornalisti stranieri accreditati - gli ha fatto eco Sun Weijia, responsabile della comunicazione del Bogoc -. Una volta ottenuto il visto, i reporter potranno girare liberamente per il Paese». Perché ciò che è normale da noi, qui non lo è: se si vuole andare in quel posto a intervistare quel tizio bisogna chiedere l’autorizzazione; se si desidera realizzare un reportage in quella tal regione, bisogna chiedere il permesso.
Il presidente del Bocog ha però voluto fin da subito dimostrare che non solo di belle parole si tratta. Per questo ha annunciato come verrà attuata la rivoluzione mediatica in vista dei Giochi. «Le autorità - ha spiegato - stanno già facendo molti sforzi per correggere importanti leggi in materia, per formularne altre speciali, semplificando le procedure amministrative così da garantire ai giornalisti buone condizioni di lavoro durante la manifestazione». Queste alcune delle novità: una volta ottenuto il visto, saranno resi più snelli i controlli in entrata e anche gli spostamenti all’interno del Paese e ci sarà maggiore elasticità per quanto concerne gli strumenti tecnici da portare con sé.

Ma la vera, grande, apertura sarà questa: se un inviato volesse addirittura intervistare un atleta cinese, basterà chiederlo al comitato e l’incontro - si suppone con i dovuti tempi - verrà organizzato. Pensate un po’? Altrimenti, fino al via dei Giochi, gli atleti cinesi sarebbero rimasti dei pesci nell’acquario. Belli da vedere, ma senza voce.

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