Omicidio Meredith, Sollecito: "Dopo 4 anni di buio vedo la luce"

Raffaele Sollecito, condannato in primo grado a 25 anni per l'omicidio di Meredith Kercher ha dichiarato al suo avvocato: "Dopo 4 anni di buoi finalmente vedo la luce"

Omicidio Meredith, Sollecito: 
"Dopo 4 anni di buio vedo la luce"

Milano - "Dopo quattro anni di buio finalmente vedo la luce". Con queste parole stamane Raffaele Sollecito, condannato in primo grado a 25 anni per l’omicidio di Meredith Kercher, ha accolto l’avvocato Luca Maori, che lo ha visitato nel carcere di Terni. "Gli ho consegnato la perizia - dice Maori all’uscita - è ansioso di leggerla". Il legale parla di un Raffaele "felice" per i risultati che ha appreso ieri attraverso un telegramma inviato dallo stesso avvocato e dai media. "Vuole proseguire in questo percorso - ha concluso Maori - per arrivare alla verità".

Sollecito: io non c'entro nulla Riferendosi alla posizione della sua ex fidanzata Amanda Knox, Sollecito, apparso più disteso al suo difensore, ha detto: "Anche lei è vittima di questa assurda vicenda. Non sono mai entrato nella camera dove venne uccisa Meredith e non ho mai conosciuto Rudy Guede. Io con il delitto non c’entro". A Sollecito, l’avvocato Maori ha consegnato l’intera perizia depositata ieri, che considera non attendibili i risultati ottenuti dalla polizia scientifica sulle tracce di Dna isolate sul gancetto del reggiseno indossato dalla Kercher quando venne uccisa e sul coltello considerato l’arma del delitto. "Aveva comunque già saputo dei risultati - ha detto il legale - dal telegramma che gli avevo inviato e poi per averlo sentito dalla tv. Concordo con le parole di Raffaele che si intravede la luce, ma non siamo ancora alla fine del processo. La perizia è stata una tappa importante e siamo a buon punto. Però ancora non abbiamo vinto. Occorre andare avanti - ha concluso l’avvocato Maori - in attesa della sentenza per la quale siamo comunque fiduciosi".  

"E' la prima volta che qualcuno mi crede" "È la prima volta che qualcuno mi crede...": Amanda Knox lo ha detto oggi al suo difensore, l’avvocato Lucano Ghirga, riferendosi al coltello indicato come l’arma usata per uccidere Meredith Kercher per il quale la perizia della Corte d’assise d’appello ha però ritenuto inattendibile il risultato relativo alla presenza del Dna della vittima sulla lama. La studentessa di Seattle è apparsa al legale "molto più serena rispetto agli ultimi tempi". "Un volto che ricordava quello dei primi tempi" ha detto l’avvocato Ghirga. La Knox ha appreso "con gioia" dalla tv dei risultati della perizia. Da questa è emerso che sul coltello (sequestrato in casa di Sollecito) considerato dall’accusa come quello del delitto effettivamente c’ è il Dna dell’americana sul manico, mentre non è certa - per gli esperti della Corte - l’attribuzione alla vittima di quello sulla lama. "Ho sempre detto - ha ripetuto la Knox all’avvocato Ghirga - che quel coltello lo avevo usato solo in casa di Raffaele, senza mai portarlo fuori di lì". Il pensiero della studentessa di Seattle è quindi andato ai genitori. "Questa perizia - ha detto - è di conforto anche per loro. Mi hanno sempre creduto e i risultati rafforzeranno la convinzione che la figlia non è un’assassina". La Knox non ha comunque dimenticato i suoi difensori e i consulenti, ricordando che l’hanno sempre sostenuta. Con l’avvocato Ghirga, la Knox ha sfogliato la perizia e i giornali di oggi. "Mi è apparsa assolutamente più serena - ha spiegato il legale - genuina e spontanea. Con il volto dei primi tempi".  

"Ciò che è succeso fa parte della fisiologia dei processi" "Nessun commento, perché non è compito dei giudici commentare": Giancarlo Massei, presidente della Corte d’assise che ha condannato in primo grado Raffaele Sollecito e Amanda Knox per l’omicidio di Meredith Kercher, ha risposto così ai giornalisti che stamani gli chiedevano un commento ai risultati della perizia genetica depositati ieri, secondo la quale non è certo che sia di Meredith il dna trovato sul coltello ritenuto l’arma del

delitto. "Quello che è successo - ha aggiunto il giudice - fa parte della fisiologia dei processi". La perizia genetica era stata chiesta già in primo grado dai difensori dei due imputati ma non ammessa dal collegio.

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