Le "Operette mor(t)ali" riscritte da Maggiani

Il premio Strega prova ad "attualizzare" le prose di Leopardi, ma il risultato è tragicomico: dall'assoluto del Recanatese alla banalità assoluta

Le "Operette mor(t)ali" riscritte da Maggiani

A parte che non capisco proprio il senso della collana BUR I grandi classici riscritti, si chiamano classici proprio perché non puoi riscriverli, capirei I candidati al Premio Strega riscritti. D'altra parte la lezione perfetta la impartì Jorge Luis Borges con il Pierre Menard : l'unico modo di riscrivere il Don Chisciotte era riscriverlo pari pari, parola per parola. Il risultato però è tragicomico: Maurizio Maggiani, autore già insignito del suddetto premio, e purtroppo mai riscritto da nessuno, riscrive addirittura le Operette morali di Giacomo Leopardi, con l'effetto non di un nano sulle spalle di un gigante ma di una pulce che saltella giuliva tra i capelli di Albert Einstein.

Nella prefazione, tuttavia, mette le zampette avanti: «Che diritto ho io di mettere le mani sulle Operette morali , sul Leopardi, nientemeno? Nessuno, nessuno». Appunto, e il libro poteva finire lì. E continua: «Non sono un leopardista, non sono un italianista, non sono uno storico della letteratura, della filosofia e di nient'altro», giustissimo, sei Maggiani, stai fermo lì. Seguono invece le sue operette morali, più che altro perette mortali, per la noia mortale che suscitano se proprio hai la malsana idea di leggerle. Il dialogo d'Ercole e Atlante diventa un dialoghetto insulso tra Charlie Chaplin e Iosif Stalin che fa ridere i polli, e si dice così perché i polli non leggono ma, se leggessero, leggerebbero Maggiani e si sganascerebbero il becco. Il grande comico e il grande dittatore sovietico si passano il mappamondo e parlano. Chaplin: «Oh, tutti quanti noi ti siamo grati per quello che hai fatto per tutta l'umanità, Iosif. Ma te ne che pensi? Possiamo anche farci una partitina se te la senti, magari ti distrae un po', su passamelo». Stalin: «Gli stupidi giocano a palla con il mondo, o i criminali, come lei ha magistralmente illustrato. Se lo riprenda, e veda di non farlo cadere, le sto per lanciare il mondo» e così via. Alla fine Stalin racconta alla figlia il sogno con Chaplin e dice: «Non mi ricordo bene, ma mi pare che mentre usciva dalla stanza, mister Chaplin abbia fatto cadere il mondo. Guarda se lo puoi fermare, che controllino, che siano sicuri non l'abbia sciupato». Morale? Boh, ma a Maggiani sembra una grande storia.

Tanto Leopardi è assoluto, avendo creato delle spettacolari metafore sulla natura dell'uomo e la natura in generale, la morte e la vanità della vita e il nulla dell'universo, quanto Maggiani è assoluto nella banalità, sembra uno di quei comici di Zelig che si sforzano di far ridere sciorinando una freddura dietro l'altra, una peggio dell'altra. Il Dialogo di Capitan Uncino e del coccodrillo sembrerebbe infantile anche a mia figlia di tre anni, il Dialogo della Terra e della Luna di Leopardi diventa il Dialogo di Marga e Palle , che sarebbero Margherita Hack e il marito, da lei chiamato Palle, come quelle che ti fa Maggiani. Tipo, Palle dice al marito: «Si va a cena fuori? Si va in qualche ber posto». Marga risponde: «Sì, è una bella cosa. Non fa neanche freddo, si va a cena al mare. Ti porto al mare, Palle, ti porto a mangia' le canocchie, ce ne facciamo una mangiata così». Perfino Baricco aveva fatto di meglio quando ha provato a riscrivere l' Iliade .

Nella seconda parte, per fortuna e sfortuna di Maggiani, ci sono le vere operette leopardiane, e si passa di botto dalle stalle alle stelle, e dalle stronzatine si torna a parlare dell'universale e con la lingua modernissima di Leopardi, con l'islandese che dice alla Natura: «Tu dei sapere che io fino alla prima gioventù, a poche esperienze, fui persuaso e chiaro della vanità della vita, e della stoltezza degli uomini; i quali combattendo continuamente gli uni contro gli altri per l'acquisto di piaceri che non dilettano, e di beni che non giovano; e infiniti mali che affannano e nocciono in effetto; tanto più si allontanano dalla felicità, quanto più la cercano».

Quindi, giù le mani dai classici? Dipende, quasi sempre le manine di questi bisognerebbe tagliarle alla nascita, a questo punto anche quelle di chi dirige la BUR. Salvo rarissime eccezioni.

Aldo Busi, per esempio, diresse una magnifica collana per Frassinelli, ma erano traduzioni modernizzate, non riscritture, sebbene lui stesso (oltre a aver fatto la migliore traduzione del Werther di Goethe in assoluto, e la più brillante attualizzazione di Alice nel paese delle meraviglie ) abbia riscritto Il decamerone , ma la copertina reca i nomi dei due autori, come fosse un'opera a quattro mani: infatti ne è venuta fuori un'opera di Busi, e Busi è Busi, se lo può permettere. Maggiani, se tanto mi dà tanto, non potrebbe riscrivere neppure una puntata di Casa Vianello.

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