Ora i democratici scricchiolano anche in Appennino

CONTROPROVA Altro che gossip o pessima gestione della crisi... A lungo andare alla sinistra non resterà che qualche città

Prato, Orvieto, Bastia, Gualdo Tadino sono nomi che ci dicono qualcosa della geografia politica italiana come la storia repubblicana ce l’ha tramandata? Certo, sono parte delle zone rosse, sono i bastioni più o meno potenti di un sistema sociale di coop e assistenza, clientelismo delle sezioni e impresa familiare, che sembrava tanto radicato da essere inamovibile. Bene, ieri sera, a spoglio quasi terminato del turno di ballottaggio delle elezioni provinciali e comunali, altri bastioni sono passati al governo di amministratori del centrodestra. Da questi risultati, tutti inaspettati, dalla forbice ridotta delle città che sempre di centrosinistra sono state e che al centrosinistra ancora restano, infine dall’erosione che l’opposizione conosce persino nella zona del Paese che gli è rimasta vicina, deve partire un’analisi decente dei risultati, naturalmente ricordando il dato formidabile della vittoria che i partiti di governo avevano ottenuto nel primo turno, due settimane fa. In poche parole, per parafrasare Rosy Bindi, sono «la Lega del Centro Italia», ma anche lì sono pieni di crepe e scalfitture. Il resto sono le chiacchiere di chi ha perso lucidità e senso della realtà. Va bene così, a un centrosinistra, soprattutto a un Partito democratico, che spaccia per vittoria le botte elettorali, anzi che ieri sera concionava di «inizio del declino della destra», tanto vale abituarsi. La verità è un’altra, è che il centrodestra ha superato il centrosinistra in Umbria e nelle Marche, storiche roccheforti dei progressisti e dei democratici, che inizia ad affermarsi in Toscana. La verità è che è tramontato anche il mito della «buona amministrazione» e che dal 7 giugno 2009 non si può più parlare di «regioni rosse», come patrimonio politico acquisito. Ogni città del Centro Italia è diventata oggi terreno di battaglia politica aperta e paritaria. Se la sospirata questione settentrionale si è infranta definitivamente a Milano e a Venezia, nemmeno sugli Appennini esiste più il monopolio, ed è un sollievo, sa di miglior respirazione delle regole democratiche. Peccato che nel gruppo dirigente del Partito democratico non sembra esserci un solo esponente in grado di ammetterlo, per esempio di chiedersi come mai nessuna delle province finora amministrate dal centrodestra cambierà di mano, o come mai il centrodestra abbia conquistato anche due delle province di recente costituzione, e in cui si è votato per la prima volta, Monza e Barletta-Andria-Trani.
Certo, al secondo turno Bologna e Firenze sono del centrosinistra, ma c’è voluto, appunto, un secondo turno, e se a Bologna il candidato forte del Pdl semplicemente non è stato trovato, a Firenze il Pd aveva schierato il suo numero uno, Matteo Renzi, una specie di giovane star mediatica. Certo, a Prato, altra roccaforte, il sindaco sarà di centrodestra, e alla Provincia c’è mancato veramente poco. Fossero vere le accuse dell’opposizione al governo di non saper affrontare la crisi economica, la scelta sarebbe stata diversa; piuttosto hanno contato certe pratiche di accoglienza senza regole degli immigrati, in questo caso i cinesi.
Di fatto al centrosinistra non resta che la ridotta dell’Appennino, ma non sono rose e fiori. Piacenza è stata conquistata dal centrodestra al primo turno; Ferrara, la provincia di Franceschini, è andata al ballottaggio, come anche Rimini, Parma, Prato e Arezzo. I Democratici conservano le roccheforti provinciali di Pesaro e Ancona, ma il Pdl è primo nelle province di Ascoli Piceno e Macerata. Orvieto, Bastia e Gualdo Tadino non sono le sole sorprese dell’Umbria, se pensiamo che il Pdl ha superato il Pd di diecimila voti ed è diventato il primo partito, prima forza a Perugia, e nelle province di Terni e Foligno.
Alla fine naturalmente le elezioni del secondo turno non sono state influenzate dall’attacco furibondo portato al presidente del Consiglio su questioni che alla gestione della cosa pubblica in alcun modo attengono. L’effetto Patrizia non funziona, non rovescia equilibri, non altera le scelte. Alla fine mi rendo conto di aver scritto un intero articolo per documentare come il Partito democratico, principale forza dell’opposizione, si salvi dalla disfatta e argini la sconfitta solo grazie alla chiamata all’unità spuria della sinistra nel turno di ballottaggio, e solo nelle zone che le sono tradizionalmente amiche. Insomma, dovevo spiegare che è il Partito ormai solo più dell'Appennino, ma non è così la realtà.

Anche nell’Appennino gli è andata male, e con qualche gesto azzeccato di riforma della giungla amministrativa e dell’odiosità di certe tasse, con mano ferma sulle regole da imporre all’immigrazione, non gli resterà che qualche città. Complimenti.

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