Pacco esplosivo su voli di linea Maroni: «Controlli negli scali»

Per chi «vota» al Qaida? Con pacchi bomba, stragi nelle capitali europee, omicidi mirati e minacciosi messaggi prima del voto i terroristi ci hanno provato più volte a mettere lo zampino nelle urne.
L’allarme pacchi bomba diretti negli Stati Uniti è scattato 96 ore prima delle cruciali elezioni di medio termine di domani. A parte la concreta minaccia del terrore, i sondaggi davano per favoriti i repubblicani, con le truppe del presidente Barack Obama allo sbando. Da una parte la nuova minaccia potrebbe spingere gli americani a stringersi attorno al comandante in capo favorendo i democratici. Dall’altra, più probabile, gli elettori andranno alle urne ancora più infastiditi verso la Casa Bianca, tacciandola di debolezza nella guerra al terrore.
Lo stesso Obama ha provato il brivido del bacio avvelenato dei seguaci di Osama bin Laden, alla vigilia della sua elezione nel novembre 2008. Abu Yahya al Libi, uno dei capibastone più noti e pericolosi di al Qaida, aveva invocato Allah per far perdere i repubblicani di George W. Bush. Nel video mandato in onda poco prima del voto annunciava: «Oh Dio, umilia Bush e il suo partito, Signore dei mondi, degradalo e sfidalo». Un voto pro Obama.
Per la rielezione alla Casa Bianca di Bush junior, invece, scese in campo lo stesso Osama. Nel 2004 alla vigilia del voto per il secondo mandato, con l’Iraq che registrava ogni giorno caduti americani, rispuntò Bin Laden. Muto da un anno tornò in auge minacciando l’America di un nuovo 11 settembre se Bush fosse stato rieletto. Il presidente trasformò la minaccia in voti.
Non sempre il terrore nelle urne si è dimostrato un buco nell’acqua per Al Qaida. Tre giorni prima delle elezioni spagnole del 2004 i kamikaze ammazzarono 191 persone in una serie di attacchi coordinati nelle stazioni ferroviarie di Madrid. Il premier uscente di centro destra, Jose Maria Aznar, favoritissimo alla vigilia dell’11 settembre spagnolo, fece un errore fatale addossando la colpa ai separatisti baschi dell’Eta. La missione dei militari di Madrid in Iraq non era ben vista dall’opinione pubblica e si temeva un effetto boomerang. La «bugia» per salvare il voto fece cambiare idea in poche ore agli spagnoli, che premiarono i socialisti di Josè Rodriguez Zapatero.
Sei mesi prima l’intelligence italiana aveva trasmesso agli alleati un documento programmatico «La Jihad in Iraq, speranze e pericoli» che prevedeva di colpire la Spagna prima delle elezioni per costringere Madrid a ritirare le truppe, come è puntualmente avvenuto. Nello stesso documento si parlava pure dell’Italia insultando il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Nel 2008, quando il centro destra è tornato al governo, i forum della guerra santa si sono scatenati contro il premier: «Che Allah lo maledica e scateni la sua rabbia».
I terroristi della guerra santa volevano provarci anche in Inghilterra. Abu Musa al Zarqawi, il tagliagole di al Qaida a Bagdad, aveva diffuso nell’aprile del 2005 una direttiva per concentrare le azioni «contro le forze britanniche presenti nel Sud dell'Iraq» in vista delle elezioni inglesi. Al Zarqawi, poi eliminato dagli americani, minacciò pure un nuovo 11 settembre contro Londra. Gli inglesi votarono tranquillamente confermando il premier Tony Blair, che aveva invaso l’Iraq. Però pochi mesi dopo, il 7 luglio, autobus e metrò di Londra furono attaccati dai kamikaze che provocarono 52 morti.
Ai terroristi non interessa influenzare solo il voto in Occidente. In Iraq e Afghanistan si scatenano a ogni elezione, ma non riescono a fermare il cammino della democrazia, pur con tutti i suoi limiti. In Pakistan, il 27 dicembre 2007, sembravano aver messo a segno il colpo più grosso assassinando Benazir Bhutto, l’ex primo ministro progressista tornata in patria per vincere le elezioni.

Pochi mesi dopo toccò al vedovo, Asif Ali Zardari, raccogliere il testimone per il successo del partito di Benazir in parlamento. Oggi è presidente del Pakistan ed i terroristi sperano di far fuori anche lui.
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