La pacifica Svizzera vuole il ritorno del boia

Prima il voto popolare contro i minareti, e dieci anni fa quello per il carcere a vita ai pedofili, ma adesso uno sparuto gruppo di svizzeri ha chiesto un referendum per reintrodurre la pena di morte. Nei cantoni elvetici prendono più sul serio che da noi la democrazia diretta. Ed il governo federale è molto rigoroso sul diritto al referendum. Ieri l'esecutivo svizzero ha dato il via libera alla raccolta di firme per la pena capitale pubblicando la richiesta sulla Gazzetta ufficiale. I promotori avranno tempo fino al 24 febbraio 2012 per raccogliere le 100mila firme necessarie.
Fa un po' accapponare la pelle leggere sul sito federale la proposta per la «Pena di morte in caso di assassinio in concorso con abusi sessuali». In pratica i promotori chiedono il boia per chi ammazza e per di più stupra la vittima oppure violenta dei bambini. «La pena capitale dovrà essere eseguita tre mesi dopo la condanna - si legge nella richiesta del referendum - Il tribunale fissa modalità e data dell'esecuzione».
I promotori dell'iniziativa sono sette familiari e amici di una ragazza svizzera che è stata violentata e uccisa. Quattro settimane fa hanno presentato la domanda per il referendum, che formalmente era ineccepibile, ed è stata approvata. Marcel Graf è una specie di portavoce del «Comitato per la pena capitale». La raccolta di firme avverrà soprattutto via internet: «In questo modo la speranza è che l'iniziativa si allarghi da sola» sostengono i promotori. Secondo Graf il ritorno al patibolo «è giusto e logico. Solo la pena capitale permette di ristabilire la dignità della vittima E soprattutto evita che il crimine si ripeta».
I sostenitori ci tengono a sottolineare che non fanno parte di alcun gruppo politico. Dieci anni fa la Svizzera aveva votato per l'internamento a vita dei criminali sessuali, pedofili violenti e refrattari alla terapia. Nel 1985 un referendum per la pena di morte contro i trafficanti di droga non aveva raccolto il numero necessario di firme.
Questa volta i promotori sembrano molto decisi, anche se raggiungere l'obiettivo delle 100mila firme non significa che si farà il referendum. A quel punto il parlamento di Berna dovrà esprimersi se l'iniziativa è anticostituzionale o se lede i trattati internazionali firmati dalla Svizzera contro la pena di morte. Molti giuristi sono convinti che il referendum non passerà mai. Georg Muller, però, professore di diritto pubblico fa notare che «l'esame del contenuto dell'iniziativa interviene troppo tardi. Quando 100mila persone hanno firmato la pressione sul Parlamento è troppo grande» per fare marcia indietro.
Da quasi 70 anni il boia non esegue sentenze di morte in Svizzera. L'ultima è stata quella di un militare nel 1944. In realtà la pena capitale è rimasta nella legge di guerra elvetica fino al 1992. Amnesty international ha ovviamente alzato gli scudi facendo notare che in Europa solo la Bielorussia pratica ancora la pena di morte. Graf, il portavoce dei promotori del referendum, non ha dubbi: «Omicidio e abuso sessuale lasciano tante tracce.

Con le tecniche d'inchiesta moderne è impossibile che venga condannato un innocente». Sull'efficacia dell'iniziativa fa spallucce: «Se riusciremo ad evitare una sola vittima ne sarà valsa la pena».
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