Sarà perché - come scriveva Balzac «non si esce
puri dall’infernodella stampa », che Giampaolo Pansa ha dato alle
stampe questo «libraccio da vera carogna » sul giornalismo italiano.
Oppure sarà perché, dopo mezzo secolo passato nella categoria, ormai si è
fatto un’idea chiara delle ipocrisie che scorrono sotto la palta dei titoloni. D’altronde, sempre per
rimanere in metafora infernale, nel fango della palude Stigia erano
puniti gli iracondi.E l’odio è decisamente il peccato favorito della
stampa italiana.
È il livore politico e personale la linfa che tiene in vita il quarto potere. Pansa ne segue il fluire in « Carta straccia- Il potere inutile dei giornalisti italiani
», terza sua fatica sul mondo dei media, edita da Rizzoli e in
libreria dal 4 maggio. Parte da lontano, dalle sorgenti dell’egemonia
giornalistica di area Pci, Potere Operaio e Lotta Continua a fine anni ’70. E seguendo il corso della
cattiveria settaria di sinistra, approda all’ultimo triennio, al delta
di quel fiume che è l’anti-berlusconismo mediatico.
E come in ogni foce che si rispetti, ecco tornare
il fango. Quello che da mesi viaggia in tandem con Il Giornale nei
monologhi di Saviano, nelle surreali denunce per stalking di Bocchino e
negli anatemi della stampa progressista: la «macchina del fango» di
cui saremmo spregevoli inventori. Pansa, che nel brago è stato
sommerso per aver osato raccontare le ombre della Resistenza, affronta
l’argomento senza manicheismi, perché mettere il dito nelle piaghe gli è
sempre piaciuto.
Tutto prende il via tra 2008 e 2009, dopo la
vittoria elettorale di Berlusconi, offesa inaccettabile che causa una
furia isterica nell’opposizione.
Tutte le armi per deporre il Cav sono buone, e
Repubblica usa l’intero arsenale nella campagna ossessiva sul caso
Noemi. Intercettazioni, foto, interviste, 2.200 citazioni dell’
affaire : una nube velenosa che invade i media. E che incendia il clima
fino agli odiosi e inquietanti episodi dell’attentato di Tartaglia,
delle scritte contro Marchionne, del pestaggio a Capezzone, dei petardi
a Bonanni, dei raid contro Schifani e Dell’Utri.
All’attacco del quotidiano di Ezio Mauro, che
cavalca lo scandalo di «papi» Silvio anche per recuperare copie,
replicano le tre testate di centrodestra, Il Giornale, Libero e Il Tempo :
«Tre mosche bianche su fondo rosso, isolate nel coro imponente dei
media anti berlusconiani ». Ad azione, reazione. Solo che,se
l’inchiesta parte da destra, subito diventa killeraggio, dossieraggio,
insulto, servilismo, chiacchiera da bar, «neogiornalismo» da ultrà. È
l’«avversione rossiccia» per il lavoro altrui, quella supponenza
elitaria da Migliori, unici con diritto di cittadinanza nel mondo dorato
degli eroi della libertà stampata. Sono Repubblica , «quotidiano di guerriglia», e Il Fatto , «setta infuriata » capitanata da Beria-Travaglio. Sono loro a imbarbarire il clima, salvo poi urlare al crucifige per il «caso Boffo», per Pansa uno scoop che ogni direttore avrebbe pubblicato.
Fatto sta Il Giornale
finisce nel tritacarne, messo all’indice come una Spectre di
fascistoni. La furia cieca dilaga in maniera grottesca nel caso del
presunto «dossier Marcegaglia », occasione in cui Bocchino conia il
termine «macchina del fango»: «Chi è prigioniero di una nevrosi- e
secondo Pansa l’antiberlusconismo ormai è patologico - non ragiona
più». E quindi aprite le gabbie, ognuno dia fondo al peggio: credere,
obbedire e combattere il Cav. E pazienza se anche giornalisti avversi
al premier come Antonio Padellaro riconoscono che l’inchiesta sulla
casa di Montecarlo è «eccellente ». Ogni cosa pubblicata dalle «mosche
bianche» è automaticamente feccia, linciaggio, ventriloquio del
Padrone.
Campione di queste tesi pre-fabbricate, secondo Pansa, è
Repubblica ,
che dall’esplodere dei sexy-gate berlusconiani ha guadagnato decine
di migliaia di copie. Ripetere di continuo un unico concetto, secondo
Pansa, giova: «Il pensiero unico ( ma modesto) funziona ».E in questo
disco rotto gorgheggiano un po’ tutti, dall’Ingegner De Benedetti,
arcinemico del Cav, fino all’antipatico Gad Lerner; dai «sultani Rai»
Santoro e Fazio fino a D’Alema; da Floris a Di Pietro. Tutti smaniosi di
bisbigliare parole d’ordine violente alle pericolose frange lunatiche
della sinistra.
Insomma, Berlusconi causerà anche imbarazzo con il suo comportamento non consono a un presidente, ma è obiettivamente vittima di una persecuzione gonfia di eccessi da parte di certi giornalisti militanti: «Hanno svenduto la loro libertà a un settarismo incontinente, prigionieri inconsapevoli della faziosità». Eppure, conclude Pansa, «lo hanno battuto come un materasso, ne hanno assassinato la figura pubblica, ma non lo hanno sconfitto». Il loro potere è «inutile », la loro carta è «straccia». E il sangue del Cav non è ancora quello dei «vinti».
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