Il paese racconta il doppio volto di Azouz

nostro inviato a Erba (Como)
«Proprio adesso. Perché proprio adesso? Le cose stavano cambiando, avevamo progettato di andarcene tutti insieme con Youssef, in Tunisia, per Natale...» Le parole gli si strozzano in gola quando Carlo Castagna cerca di trovare almeno una risposta, una risposta credibile e confortante, alle mille domande che, dall’altra notte, gli si accavallano nella mente. L’altra notte, la notte degli incubi e dell’orrore, consumatasi nel rogo e nelle coltellate della cascina di via Diaz, la sua vita invidiata di fortunato imprenditore e filantropo, gli si è rivoltata addosso come un serpente maldestramente calpestato. E lui, improvvisamente, è diventato semplicemente un uomo piccolo piccolo. Un uomo solo. Nella notte dell’orrore ha perso, in pochi attimi, una figlia, una moglie, il nipotino. Quel batuffolo biondo dagli occhioni irresistibili che la vita gliela stava cambiando per davvero. Che gli aveva riaperto il cuore a sessant’anni. Convincendolo che l’amore può saltare steccati ben più alti delle differenze di religione e di ceto. Che in fondo quella scombiccherata di sua figlia Raffaella, 29 anni, che colpa poteva avere se si era innamorata di un balordo tunisino, impigliato nella ragnatela della droga e dello spaccio.
In fondo si poteva, si doveva provare ad aiutare Raffaella. Anche se, fino all’altro ieri, la più coccolata della famiglia aveva voluto fare di testa propria. Come al solito. Come quando aveva deciso di occuparsi dei tossicodipendenti in una comunità di recupero. Aveva mollato i fratelli maggiori Giuseppe e Pietro, la villa con piscina ai margini di Erba, la bella vita, che la solida fama di una dinastia di mobilieri le avrebbe potuto regalare, per andare a vivere con Azouz, il suo amato tunisino, in un casa di ringhiera.
Si poteva, si doveva provare ad aiutare Raffaella si dev’essere ripetuto fino all’ossessione, l’altra notte, Carlo Castagna. Anche se lui, il patriarca dai princìpi solidi come i suoi mobili, fin dall’inizio le aveva provate tutte per mandare a monte quella improbabile relazione sentimentale. Aveva persino raccolto un personalissimo dossier sul conto del futuro genero per convincere i carabinieri ad espellerlo. Aveva persino chiesto al suo amico di sempre, Giorgio Meroni, consigliere comunale con delega alle celebrazioni dei matrimoni civili, di trovare una qualsiasi scappatoia per non sposare Raffaella e Azouz. Inutile. Perché quel matrimonio si era regolarmente celebrato, in municipio a Palazzo Majnoni, tre anni fa.
Poi Raffaella aveva dato alla luce Youssef e qualcosa, grazie anche alla tenacia di nonna Paola, Paola Galli, la moglie di Carlo Castagna, anche lei sgozzata senza pietà, stava cambiando. Perché la vita doveva comunque andare avanti. In questa sconcertante storia di chiaroscuri, in questa matassa ingarbugliata di sentimenti contrastanti è difficile tirare le somme, portarsi a casa certezze. Distinguere i brividi del freddo tagliente come i coltelli di una notte, da quelli di una vicenda raccapricciante con un finale ancora tutto da chiarire.
Si sorprendono gli amici di Carlo e Paola nel vedere lui, il roccioso patriarca che piange disperato e scagiona il genero di cui aveva detto a suo tempo tutto il male possibile. Già, perché come ricorda Ezio Miotto, ex compagno di scuola di Paola, «Azouz non era certo uno stinco di santo. Aveva fatto dentro e fuori di galera fino all’indulto che lo aveva rimesso in libertà l’estate scorsa. Tanto che Carlo non aveva mai smesso di preoccuparsi per la vita e il futuro di sua figlia. E non si può dargli torto».
E così in questa storia dove è vero tutto e il contrario di tutto, è inutile negare che Azouz abbia comunque una parte di colpe. Se non altro per ciò che il giovane tunisino deve aver combinato l’ultima volta che è uscito di galera. Uno sgarro, forse. Quel «qualcosa di grosso per cui hanno voluto farla pagare a lui, a suo figlio, alla sua famiglia», come ha detto ieri tra i singhiozzi Carlo Castagna. «Carlo se l’aspettava che prima o poi sarebbe successo qualcosa di brutto a sua figlia. Da quando quel tunisino è entrato nella vita di Raffaella la famiglia Castagna non ha più conosciuto pace. E Carlo e Paola sono rimasti soli a fare i conti con la realtà che avevano davanti», dice Luigi Farina, uno degli amici di vecchia data dei Castagna, fra i primi ad accorrere l’altra notte alla cascina di via Diaz. «Ci siamo fatti compagnia tutta la notte in silenzio Carlo ed io - dice il cognato Umberto Galli, 55 anni -, fratello di Paola. Abbiamo un dolore immane da condividere e a cui non sappiamo trovare un perché. Certo Azouz era un tipo un po’ particolare con un passato non proprio cristallino, ma tutta la famiglia stava cercando di aiutarlo secondo i principi cristiani, per integrarlo a Erba».
Pezzi di verità che non spingono a dare un’unica lettura di questa storia. «Raffaella era felice con Azouz e col bimbo che avevano avuto», dice l’avvocato Claudio Ghislanzoni, il legale di Erba che seguiva Raffaella Castagna per una causa civile.

«Raffaella amava molto suo marito - aggiunge l’avvocato che avrebbe dovuto incontrare la donna ieri mattina - e anche lui l’amava, lei aveva passato dei brutti momenti quando lui era stato in carcere e si era sempre battuta perché ne venisse fuori, convinta che le accuse nei suoi confronti fossero del tutto infondate».

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