"Non chiamatemi sindaca": e scoppia la polemica ad Augusta

Il primo cittadino rimprovera il consigliere comunale che l'aveva chiamata sindaca. E interviene la consigliera di parità della Regione siciliana

"Non chiamatemi sindaca": e scoppia la polemica ad Augusta

Un sindaco donna che non vuole essere chiamata "sindaca". Un gruppo di cittadine che scrive alla consigliera di parità della Regione siciliana Margherita Ferro. Il presidente Nello Musumeci che invita consigliere comunali e consigliera di parità ad occuparsi di altre cose. Ecco gli "ingredienti" della polemica scoppiata ad Augusta, in provincia di Siracusa. Protagonisti il primo cittadino della cittadina siracusana Cettina Di Pietro, il consigliere comunale di opposizione Giancarlo Triberio e le colleghe Francesca Di Grande, Maria Leonardi Francesca Marcellino e Paola Perata.

Tutto ha inizio durante un consiglio comunale. All'ennesima volta il cui il consigliere Triberio ha chiamato "sindaca" il primo cittadino, quest'ultima si è visibilmente arrabbiata. "Mi chiami sindaco o io lo chiamerò Giancarla", ha detto il sindaco al consigliere. Apriti cielo. In aula è scoppiata il parapiglia. E 4 cittadine, Francesca Di Grande, Maria Leonardi Francesca Marcellino e Paola Perata hanno raccontato, attraverso una lettera, la vicenda al consigliere di parità della Regione perché prenda provvedimenti. "Siamo deluse, amareggiate e basite perché qualcuno nella posizione di massimo potere amministrativo esplicita un comportamento discriminatorio in consiglio comunale scagliando come una freccia il nome femminilizzato del consigliere d’opposizione - dicono le 4 ciattadine - Tale condotta è discriminatoria in quanto volta a sminuire il ruolo di chi si ha davanti proprio appellandolo al femminile, facendo passare il messaggio che la declinazione femminile sia un disvalore. Il fatto, a nostro avviso, è reso ancor più grave perché accaduto nel consesso di massima espressione della democrazia cittadina, il consiglio comunale, aperto al pubblico durante le sedute consiliari. Noi non vogliamo restare spettatrici silenti di quanto accaduto e Le chiediamo di dare voce al nostro disappunto".

E la consigliera di parità non ha perso tempo, richiamando il sindaco, anzi la sindaca: "La lingua italiana come lei sa bene - scrive Ferro- prevede la declinazione al maschile e femminile e voler negare la declinazione al femminile, soprattutto quando sono le donne ai vertici delle istituzioni o comunque hanno ruoli di primo piano, vuol dire escludere e oscurare il genere femminile da carriere e professioni. Infatti, a fronte di una ascesa in ruoli, carriere, professioni e visibilità delle donne, ancora oggi assistiamo a resistenze nel riconoscere questi ruoli anche nel linguaggio, usando il maschile attribuendo una falsa neutralità. A meno che non vogliamo tornare al secolo scorso, quando molte professioni erano precluse alle donne e ciò spiega perché molte professioni quasi sempre erano declinate al maschile (sindaco, assessore, ingegnere, chirurgo). Non vi è dubbio che la parità passi anche attraverso il linguaggio, dando riconoscimento a ruoli e professioni ricoperti da donne che altrimenti vedrebbero negare la propria esistenza attraverso un oscuramento linguistico. Mi auguro, che per lei la declinazione al femminile di sindaco in sindaca non equivalga ad una diminutio del suo ruolo, negando di fatto la parità tra uomo e donna. Da donna, oltre che come consigliera regionale di parità, auspico, che lei rappresentante di una istituzione come il comune di Augusta voglia contribuire a valorizzare le donne nel loro impegno quotidiano, nelle professioni e nella politica anche attraverso il linguaggio di genere".

E sulla vicenda è intervenuto il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci: "Stigmatizzo e dissento dalle dichiarazioni della consigliera di parità della Regione siciliana, Margherita Ferro, per un intervento assolutamente inopportuno e inappropriato, oltre che privo di qualsiasi fondamento giuridico: un "richiamo" a Cettina Di Pietro Sindaco di Augusta. La coniugazione al femminile di una carica istituzionale, infatti, appartiene esclusivamente alla libera autonomia di chi la ricopre.

Ritengo che la consigliera di parità, che conosco e apprezzo da tempo dovrebbe occuparsi di ben altri problemi, invece che richiamare, senza averne titolo, un sindaco eletto direttamente dal popolo, cedendo cosi a un integralismo linguistico che non aiuta certo a migliorare le condizioni di disparità delle donne in Sicilia".

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