Si è scagliato contro un agente della polizia penitenziaria e lo ha morso. Protagonista dell'ennesima aggressione ad un agente è il boss Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina e superkiller di Cosa Nostra, autore di centinaia di omicidi. Il boss che sta scontando una pena di 28 anni, ha aggredito ieri con un morso un agente del Gom, il Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria, che lo stava scortando nella saletta dove avrebbe dovuto assistere in videoconferenza ad un udienza.
Bagarella, imputato del processo sulla trattativa Stato-mafia, a causa del parapiglia seguito all'episodio, ha dovuto fare ricorso alle cure dei medici, così come l'uomo del nucleo speciale che, assieme ad altri colleghi, lo stava scortando nella saletta del supercarcere di Sassari. Lì il detenuto del clan dei corleonesi, sottoposto al regime duro del 41 bis, avrebbe dovuto assistere a distanza all'udienza del dibattimento, in corso davanti alla seconda sezione della corte d'assise d'appello di Palermo.
L'udienza, a causa di questo fatto, è iniziata in ritardo. Secondo quanto si è appreso, il capomafia (condannato a 28 anni in primo grado, ma sepolto da numerosi ergastoli) durante il trasferimento dalla propria cella ha dato in escandescenze e ha dato un morso a un agente, venendo poi afferrato dagli altri uomini del Gom, che volevano impedirgli di dimenarsi. Dopo essere stato curato, Bagarella ha rinunciato all'udienza, che è così proseguita senza ulteriori intoppi. Lievi conseguenze anche per l'agente.
"A mio avviso si tratta solo di un gesto per attirare l'attenzione sulla questione dell'abolizione del 41 bis - commenta all'Adnkronos Aldo di Giacomo, segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria - un'abolizione di cui si parla tanto e che ha terreno fertile in questo governo. Non vedo nessun'altra ragione se non quella di attirare l'attenzione sulla questione del 41 bis".
Intanto sempre ieri mattina, è pervenuta una lettera anonima, indirizzata al presidente della Corte, con articoli di stampa e alcuni suggerimenti di tipo investigativo sul processo. A darne notizia in apertura di udienza al processo di appello sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia, è proprio il presidente della prima sezione penale di appello, Angelo Pellino. "É stata inviata alla procura della Repubblica e poi girata a noi. É a disposizione delle parti - ha detto Pellino - ma non verrà acquisita agli atti del dibattimento".
La procura generale ha annunciato ulteriore attività integrativa di indagine: riscontri sulle dichiarazioni di due collaboratori Francesco Squillaci e Armando Palmeri ad accertamenti sulla doppia gravidanza delle mogli fratelli Graviano, avvenuta tra settembre e novembre 1996 quando erano detenuti al 41bis nel carcere dell'Ucciardone. Inoltre i pg vogliono chiarire un altro fatto venuto alla luce dopo le dichiarazioni fatte in questo processo da Andrea Calabria, nel 1993 vice direttore del Dap.
"In prima stagione delle bombe in continente - spiega il pg - Calabria dispose il trasferimento di urgenza del boss Riina dal carcere di Roma Rebibbia perchè avrebbe avuto nella sua disponibilità un telefono cellulare grazie a 4 agenti di polizia penitenziaria subito rimossi".
Calabria disse che ebbe motivi di contrasto con il direttore del Dap, Francesco Di Maggio, che prima sospese e poi revocò questo trasferimento avviato da Calabria su segnalazione del capo della Polizia che, a sua volta, aveva ricevuto informazioni da fonti confidenziali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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