Mario Palmaro
Potenza di un piccolo, insignificante embrione: contro di lui Marco Pannella ha conosciuto ieri - calcisticamente parlando - la sua Corea. Nessuno, nemmeno il più acerrimo nemico dei radicali, avrebbe potuto prevedere una disfatta di simili proporzioni.
Guai ai vinti, insegnavano i romani. E mai proverbio fu più azzeccato, pensando alla sicumera con cui i Radicali e i loro fiancheggiatori hanno affrontato la campagna referendaria. Si sono liberamente legati con un doppio nodo scorsoio ai quattro quesiti referendari, quasi una moderna ordalia che li avrebbe dovuti portare al settimo cielo della politica.
E invece i Radicali si sono ritrovati legata al collo una pesante pietra fatta di astensioni, che li ha trascinati nel baratro della più sonora delle sconfitte.
Un giudizio troppo duro? Eh no: non sarebbe giusto oggi dimenticare le mitiche rassegne stampa mattutine di Radio Radicale, con la voce inconfondibile del direttore Massimo Bordin che racconta le epiche avventure dei suoi eroi senza macchia e senza paura, i cavalieri della canapa rotonda, i Cappato, i Capezzone, e poi lui, l'uomo dell'antiprovvidenza, quel Marco Pannella che sopravvive a tutto: ai digiuni, alla mancanza di liquidi, alla Rai che non gli dà spazio, ai due poli che non si alleano con lui.
Che forza, ragazzi. E poi, giù botte contro la Chiesa, contro Ratzinger, contro Ruini, contro i parroci che dicono di astenersi, contro i cattolici che si astengono. In nome, beninteso, della libertà di coscienza.
Una mattina Bordin, timoniere di Radio Radicale, se l'è perfino presa con l'aspetto estetico del Cardinal Angelo Scola, colpevole di sostenere l'astensione: «Guardate che razza di orologio ha al polso questo cardinale; e guardate che anello! Ma il cronografo: a che cosa gli serve a un cardinale un cronografo così?».
Hanno perso, eppure avevano dalla loro la quasi totalità dei mass media. Domenica 12 - nel pieno delle votazioni, alla faccia delle regole sul silenzio propagandistico - il Corriere della sera aveva una prima pagina stile Gazzetta dello sport quando l'Italia gioca ai mondiali: a sinistra editoriale pro-fivet dell'esperto Enzo Biagi; poi Gian Antonio Stella che sfotte quelli che accostano la fivet alla strage degli innocenti; al centro vignetta di cattivo gusto di Giannelli, con Pannella trasformato in Adamo stile Giudizio Universale di Michelangelo, e Benedetto XVI che svolazza al posto del Creatore; sulla destra, altro pistolotto di Gianni Riotta per impetrare il voto e il sì; e sempre in prima, originalissimo pezzo di cronaca che racconta di don Mario, parroco non so dove, che incita a non astenersi. Alla fine è capitato qualcosa di simile alle ultime presidenziali americane: i giornalisti tifavano Kerry, e la gente ha scelto diversamente.
Ma sconfitta non è solo dei Radicali, e ha altri padri. E' una sconfitta eterologa. Hanno perso quei giornalisti e quegli scienziati che hanno inquinato il dibattito con falsità di ogni genere, preferendo al ragionamento i facili slogan, le mezze verità, i silenzi sugli aspetti più imbarazzanti di queste tecniche disumane.
Hanno perso tutti coloro che hanno ritenuto di trasformare la fecondazione artificiale in una pratica buona, onesta e accettabile.
E hanno perso infine quei politici in carriera che, pensando di avere fiuto, sono saltati - che disdetta - sul carro degli sconfitti. Potenza di un piccolo, insignificante embrione.
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