Il "Paradiso" sospeso tra Milano e Roma

Un giovane adepto del giornalismo a cottimo, che resta pur sempre meglio che lavorare, viene proiettato da Milano a Roma a caccia di una intervista impossibile che è come ogni altro cavallo su cui si scommette per salvare l'editoria in crisi: un brocco incavalcabile anche se pesantemente dopato

Il "Paradiso" sospeso tra Milano e Roma
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Gli espatriati della provincia si schiantano spesso. Vogliono un volo attraverso il paradiso della grande metropoli ma si limano le ali nell'attrito con l'atmosfera pesante della realtà. E poco importa che si tratti dell'aria pesante di una Milano divorata dall'afa o dei refoli di falsa frescura di Roma e dei suoi litorali che si raggiungono scendendo in stazioni da Far West, anche se portano nomi antichi come Priverno Fossanova. Se in Italia la classe operaia non è mai andata in paradiso non ci va nemmeno la classe intellettuale, anzi intellettualina. Quella che ha giocato con la fama a rate delle riviste, dei saloni di qualsivoglia cosa, persino del cinema.

È questo il sottobosco esistenziale, trasformato in selva oscura di evanescenza, in cui deve muoversi il protagonista del romanzo di Michele Masneri: Paradiso (Adelphi). Un giovane adepto del giornalismo a cottimo, che resta pur sempre meglio che lavorare, viene proiettato da Milano a Roma a caccia di una intervista impossibile che è come ogni altro cavallo su cui si scommette per salvare l'editoria in crisi: un brocco incavalcabile anche se pesantemente dopato. E allora la trama in essenza. Nel «giorno più caldo di una delle estati più calde che si ricordino a Milano», Federico Desideri, giovane giornalista di speranze fallacemente inesauste e di grandi tribolazioni interior-economico-sentimentali, si fa appioppare dal direttore della rivista «di nicchia» per cui scrive, anche a rischio di essere pagato in gadget, l'ingrata missione: andare a Roma a intervistare un famoso regista, cascato quasi per sbaglio in un film di strepitoso successo al centro del quale giganteggia un memorabile, fascinoso cialtrone (ogni riferimento sorrentiniano è assolutamente voluto).

Federico scoprirà ben presto che Roma è un miro gurge in cui i registi brillano per assenza, ma in compenso, nel corso di una serata trimalcionescamente feroce, gli verrà indicato colui che del protagonista del film è stato il modello: Barry Volpicelli. Volpicelli, fantasmatica guida in una città che si scioglie - a metà strada tra un Virgilio dell'ineffabile far niente e il Bruno Cortona del Sorpasso - accompagnerà Federico, per fato più che per volontà, in un lungo peregrinare: che porta verso il Paradiso, compound di ville e bungalow sgarrupati sul litorale laziale, dove vive in compagnia di una decameronesca accolita di freak dal glamour sbiadito. E qui Masneri è bravo a far giostrare in punta di penna i più assurdi personaggi, un ambasciatore che accumula prodotti di discount, un ginecologo pensionato che alleva galline ornamentali, una coppia di lesbiche che rimpiangono i giorni in cui venivano invitate in Vaticano da Ratzinger, una vamp decotta che accusa l'intero cinema italiano di averle rubato le idee... E sarà qui, ai confini del reale ma nel cuore del futile romano, che Federico farà tutti i conti che servono con la vita e il suo teatro. E alla fine ne sceglierà, come in ogni narrazione picaresca che si rispetti, la libertà del futile.

Un romanzo pieno di echi che vanno dal cinema alla letteratura (forse con qualche punta di maniera) che con leggerezza racconta un mondo friabile che, a leggerlo, diverte ma nella realtà soffoca molte di quelle generazioni etichettate con le ultime lettere dell'alfabeto. Temevate la bianciardiana Vita agra? Quella futile che è venuta dopo è un torrido binario morto tra Roma e Milano.

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