Il paradosso Ma la pena accessoria è un macigno

TRE ANNI DI «ESILIO» Oltre alla condanna, nessuno potrà mettere piede in strutture legate allo sport

Adesso Tiziano Pieri non può vedere dalla tribuna una partita di calcio o mettere piede negli uffici di una società sportiva, non può acquistare un pacchetto di sigarette o giocare al lotto nelle tabaccherie dove si accettano scommesse, non può neppure accompagnare i figli Tommaso e Alessandra a fare sport. È il risvolto più paradossale della pena accessoria comminatagli dal giudice per le udienze preliminari, Eduardo De Gregorio, che prevede il divieto «di accedere per tre anni nei luoghi dove si svolgono competizioni sportive o si accettano scommesse e all'interdizione dagli uffici direttivi di società sportive».
Lui come Giraudo, l’ex amministratore delegato della Juventus che vive a Londra, e Dondarini, assicuratore di Finale Emilia con un passato da arbitro internazionale. Una vera e propria limitazione della libertà personale. Alla faccia di chi, ubriaco e drogato, ha falciato in auto gente innocente e s’è fatto sì e no qualche decina di giorni ai domiciliari. Ciò non toglie, beninteso, che i tre abbiano sbagliato, e anche tanto, nell’ambito di Calciopoli. Pieri ha pagato, fra l’altro, l’accusa di aver ricevuto cellulari forniti di schede telefoniche svizzere da Moggi e di aver mantenuto contatti con lui grazie proprio a queste schede dai contenuti non rintracciabili.
Il gup, severissimo nelle pene accessorie, ha accolto solo in parte le richieste dei pm Beatrice e Narducci, promossi alla direzione investigativa antimafia di Roma, nei confronti degli undici imputati che avevano richiesto il rito abbreviato nel processo su Calciopoli. Lo testimoniano in particolare le assoluzioni dell’arbitro in attività Rocchi, degli ex arbitri Cassarà, Gabriele e Messina, degli ex assistenti Baglioni, Foschetti e Griselli.
Curiosa la storia di Paolo Dondarini che, a una settimana di distanza dalla conclusione di una ondivaga carriera arbitrale, il primo luglio di quest’anno, venne nominato vice commissario della Cai, la Commissione Arbitri Interregionale. Un pizzico in più di cautela non avrebbe guastato, come mise in luce una nostra recente inchiesta sulla presenza nel mondo arbitrale di 18 fra fischietti e assistenti coinvolti o comunque intercettati in Calciopoli. È anche per queste scelte di nessun contenuto etico che l’Aia, l’Associazione Italiana Arbitri, rischia di perdere l’autonomia sbandierata a più non posso e gestita malissimo. Di sicuro Dondarini non può restare all’interno del sistema.
La sentenza non ha colto di sorpresa quanti hanno seguito con attenzione il processo di Napoli che, a differenza di quello sportivo, fa leva su un maggior numero di elementi. Fra l’altro consente una rilettura non solo giudiziaria ma anche storica degli anni di Calciopoli che hanno rappresentato uno dei periodi peggiori di tutto lo sport italiano.

Appaiono però sproporzionate le condanne degli ex arbitri Pieri e Dondarini (2 anni e 4 mesi l’uno, 2 anni l’altro) rispetto alle pene inflitte a Giraudo (3 anni) e all’ex designatore Lanese (2 anni) che occupavano ruoli di ben altro spessore in quel periodo oscuro.

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