Il Parlamento fannullone? Era quello dell’epoca Prodi

di Paolo Armaroli
La matematica, si sa, non è un’opinione. E i numeri sfornati dalla Camera dei deputati sui primi venti mesi dell’attuale legislatura sono tanto più istruttivi se paragonati con quelli della legislatura precedente. Quando sulla poltrona traballante di Palazzo Chigi si era legato, come Vittorio Alfieri, il povero Romano Prodi. Istruttivi, questi numeri, perché smentiscono le tante favole metropolitane propalate ad arte dai soliti antipatizzanti di Silvio Berlusconi. A furia di calunniare qualcosa resterà. E infatti abboccano all’amo non solo i poveri di spirito, la cui mamma è sempre incinta, ma anche i cerebrolesi, che pur di avere il loro bravo quarto d’ora di celebrità, sono disposti a tutto. Come purtroppo sappiamo.
I predetti antipatizzanti imputano al presidente del Consiglio un’infinità di misfatti di carattere istituzionale. Lo accusano di aver ridotto il Parlamento a una propaggine di Palazzo Chigi. Insomma, a una larva priva di qualsivoglia potere. E, a sostegno dell’assunto, vanno dicendo un giorno sì e l’altro pure che il governo ormai legifera solo per decreto legge, pone questioni di fiducia in continuazione su maxiemendamenti presentati all’ultimo minuto e, così facendo, impedisce ai due rami del Parlamento l’esame degli emendamenti. Come vedremo, si tratta di uno smaccato falso. Ma il bello è che a indossare i panni dei pubblici ministeri sono, fateci caso, coloro che contrappongono il paradiso prodiano all’inferno berlusconiano. Roba da matti.
Ora, il raffronto tra la precedente legislatura e quella attuale la dice lunga. L’assemblea di Montecitorio lavora un po’ meno ma produce di più. Le leggi approvate erano 88, pari a una media mensile di 4,51, e ora sono 126, pari a una media mensile di 6,45. I decreti legislativi licenziati dal governo erano 92 e ora 44. Ma allora dobbiamo concludere che Prodi e non già Berlusconi ha avuto una particolare predisposizione a legiferare per decreto. Non solo, ma i principi e criteri direttivi prescritti dalla Costituzione per le leggi di delegazione spesso e volentieri erano alquanto evanescenti. Mentre i regolamenti di delegificazione adottati dal governo sono passati da 54 a 25. L’interventismo del governo Prodi ha fatto sì che gli atti normativi emanati nel complesso siano stati ben 271 contro i 239 di questa legislatura. Così stando le cose, chi ha prevaricato: Berlusconi o non invece Prodi?
E veniamo ai malfamati decreti legge. Ai 44 in questa legislatura se ne contrappongono 37 in quella precedente. L’incremento, dunque, è minimo. Con buona pace di chi strepita come le oche del Campidoglio. Ma c’è di più. Dei 44 decreti legge di Berlusconi ben 34 sono stati modificati: segno che la Camera ha svolto un ruolo attivo, senza eccessivi sconti. Solo 25 dei 37 decreti legge di Prodi sono stati invece modificati. Cioè di meno. E che dire del pianto greco su un governo che fa passare solo i propri disegni di legge e perciò mortifica l’iniziativa legislativa dei parlamentari? Il pianto sarà greco, ma è ipocrita. Perché le leggi approvate per iniziativa del governo ora sono l’84,9% e ai tempi di Prodi erano l’85,7%. Poca cosa, sicuro. Ma non hanno motivo di stracciarsi le vesti gli attuali ipercritici, nostalgici di Prodi, che allora non mossero un dito.
Dulcis in fundo, le tanto chiacchierate questioni di fiducia.

18 quelle poste dal governo in carica, 14 quelle del gabinetto precedente. Anche in tal caso Prodi non ha fatto meglio di Berlusconi. Poiché le leggi sono passate da 88 a 126, ne consegue che in percentuale è stato semmai il Prof e non il Cav a esagerare.
paoloarmaroli@tin.it

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