È talmente un concetto fuori dalla politica italiana che fatica a trovare spazio nei nostri dizionari. Impeachment. Cioè stato di accusa. Si sa, nello Stivale, quando si dicono cose sgradevoli le si dice in inglese. È il politicamente corretto. Lo chiamano politically correct. Conclamando, inconsapevolmente, il loro stato di subalternità. Mattarella è sotto attacco. L'uomo dei silenzi, quello che parla poco, quando si esprime - o quando esprime il suo silenzio-dissenso - è sotto accusa. Per aver bloccato un governo, quello di Giuseppe Conte, a causa di un nome. Il settantaseienne Mattarella non vuole al ministero dell'Economia l'ottantunenne Paolo Savona. Ex ministro del governo Ciampi, economista, anti europeista non troppo sbracato. Un veto ad personam, come si usa dire. La lista dei ministri, compreso Salvini all'Interno e Di Maio con un super ministero tra Mise e Lavoro, era stata già vidimata. Tutto ok. Tutto a posto. Ogni nome approvato. Tranne uno. Sul quale la Lega si impunta. E i grillini vanno a ruota, timorosi di passare come calabrache. O forse spaventati dall'idea di essere scavalcati in grillismo dalle camicie verdi.
Poi arriva il no. Netto. E tra i Cinque stelle - quelli che puntavano meno su Savona - sale la pressione arteriosa. Come può un presidente della Repubblica ignorare il voto dei cittadini? Di Maio interviene da Fazio a Che tempo che fa e ufficializza la messa in stato d'accusa di Mattarella: «È un golpe». Dietro di lui i gruppi parlamentari, capeggiati da Di Battista e dai fichiani, sostengono di aver subìto un affronto inaccettabile. Questo è uno schiaffo a tutti gli italiani - urlano a voce bassa, sono pur sempre grillini - alla fine uno su due ha votato contro l'Europa. E si mettono a scartabellare la Costituzione per impugnare l'articolo 90. È alto tradimento - si scompongono. E vanno oltre: la nomina di Cottarelli è uno sputo sulla democrazia! Uno scontro istituzionale senza precedenti. E sia Lega che Cinque stelle lo sanno bene. Non conviene a nessuno uscire dall'euro, ma giova a tutti tirare il muscolo dell'antieuropeismo. Specialmente se si torna al voto nell'arco di pochi mesi. A seguito dei Cinque stelle arrivano Lega (Salvini si dice sobriamente incazzato ma non parla di impeachment) e Fratelli d'Italia con una scatenatissima Giorgia Meloni. Sempre nel solco dell'impeachment. Che in Italia, a onor del vero, è spesso andato male. Si dimise Giovanni Leone, nel 1978, dopo una lunga campagna stampa, per lo scandalo Lockheed. Sfuggirono Scalfari, Cossiga e Napolitano (nei confronti del quale ci fu una piccola fronda). Perché impeachment, alla fine, è solo una parola che non appartiene alla politica italiana. Per fortuna o per sfortuna. Perché i mercati si agitano e i mutui pulsano. Oltre la politica delle idee c'è quella della vita reale. Chiude il giro di giostra Berlusconi: «Il movimento 5 stelle che parla di impeachment è come sempre irresponsabile.
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