Il partito dell’antipatia: 50 voti contro il líder Maximo

Ai dubbi della Margherita si aggiungono quelli di Italia dei Valori e Rosa nel Pugno. La scelta del «mediatore» complica le trattative

Luca Telese

da Roma

Per un professionista della politica come lui l’idea che nella sua coalizione si affidi un «mandato esplorativo» ad un «tecnico» come Ricky Franco Levi, gran consigliere della comunicazione per Romano Prodi, deve suonare come un mezzo affronto. E non c’è dubbio alcuno che Massimo D’Alema abbia buoni motivi per dubitare di questa scelta del vertice dei partiti dell’Unione, perché nella storia della politica italiana sono più gli esploratori che si sono persi di quelli che sono arrivati alla fine delle perlustrazioni.
Ma i fatti sono questi, e la nomina di Levi, al termine di una discussissima e delicata riunione è in sé l’esplicitazione di un malessere, la risposta di quel pezzo ampio della coalizione che fa resistenza all’idea di portare il líder Maximo sul Colle. Certo, almeno in apparenza, anche nel dibattito a porte chiuse che si è svolto ieri, di nomi non se ne fanno, né - ovviamente - si pongono delle pregiudiziali dirette. Tant’è vero che uno dei pochi provvisto della sagacia e della scaltrezza per potersi pronunciare apertamente sul dibattito in corso - Leoluca Orlando - (appena risorto nell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro che ha portata al 4% nella sua Sicilia) spiega: «Non c’è nulla di personale in questa discussione, noi abbiamo semplicemente affermato un metodo. Si dialoga, ci si confronta sul nome con gli altri». Sarà un metodo, certo, ma a chiederlo è anche Francesco Rutelli, che spiega: «Non possiamo decidere il nostro candidato così, senza una consultazione». E, ancora Orlando: «Abbiamo deciso che il nostro candidato deve avere il massimo di consenso possibile, anche da parte dell’altra coalizione». E sarà vero che non si fanno nomi, ma decidere questo metodo proprio nel giorno in cui il centrodestra fa muro dicendo «Noi D’Alema non lo votiamo» (ad esempio Giulio Tremonti, poi Rocco Buttiglione, e poi tutti gli altri) non è certo una mossa che agevola il presidente dei Ds. Di più. Andando a scandagliare più in profondità, si scopre che l’area del dubbio è molto più estesa di quel che non si pensi. Non ci sono solo l’Italia dei Valori e i problemi di procedura che solleva, ma anche la Rosa nel Pugno che con Enrico Boselli afferma senza troppi giri di parole: «La Rosa nel Pugno non voterà candidature di sfondamento e D’Alema non mi sembra raccolga consensi nella Casa delle libertà». Per non dire poi della Margherita, che ufficialmente si trincera dietro lo schermo della decisione «collettiva» e «condivisa». Ma che in camera caritatis ha fatto sapere, per bocca di Francesco Rutelli: «A noi un candidato dei Ds va benissimo, ma non è detto che debba essere Massimo D’Alema».
E così, mentre la Quercia apparentemente continua a fare quadro, l’esploratore scoprirà che il vero nemico del presidente diessino non ha colore, è qualcosa di più di uno stato d’animo diffuso, una sorta di «partito trasversale dell’antipatia». Alfonso Pecoraro Scanio, presidente dei Verdi, è uno di quelli che ha deciso di sostenerlo nella sua corsa, ed infatti ammette: «Levi cercherà il consenso su D’Alema». Ma il sospetto è che oltre ai «no» più o meno espliciti di dipietristi e radicalsocialisti (un pacchettino da quasi 40 voti) in queste ore anche lo stato d’animo Romano Prodi (che come dice Francesco Cossiga è «un vindice», che non ha dimenticato la sostituzione dell’ottobre 1998) non sia propriamente entusiastico.
E lui? L’interessato, con la consueta abilità, fa buon viso a cattivo gioco: «Il dialogo è un metodo giusto. È il metodo che abbiamo sempre seguito». Ma il leader diessino sa benissimo che in queste ore la sua sorte è appesa ad un filo. Che succede, infatti, una volta affermato «il metodo» se la Casa delle Libertà continua a rispondere niet? I Ds non hanno dubbi: si va al voto con D’Alema candidato.

I problemi inizieranno se nel segreto dell’urna, il partito trasversale dell’antipatia per il líder Maximo (correntonisti delusi, centristi scettici, sinistra radicale incompatibile) dimostrerà di poter contare su almeno 50 voti.

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