Pechino - Un chilo di divismo e un quintale di vanità ti possono affondare, soprattutto se sei in una piscina. Anche se sei Federica Pellegrini. Cioè la ragazza dei tacchi a spillo e la recordman del mondo. Ma se ti scrolli la vanità e lasci da parte il divismo per qualche ora, può capitare che Federica Pellegrini torni a filare e si ritrovi ancora senza medaglie, ma con due record del mondo nella borsetta. Federica tigre di carta e tigre feroce. Pellegrini due facce, due razze. Ieri l’abbiamo scoperta così. La razza della campionessa e la faccia della diva che si è aggrappata a tutto pur di non fare un mea culpa.
Alla mattina ha perso la medaglia dei 400 stile libero, affondando come una qualunque, quinta in logorante affanno nelle ultime due vasche, gettando la gara che si meritava avendone anche il record del mondo.
Nel pomeriggio ringhiosa e determinata nei 200 stile libero. Basta leggere per capire: quarta ai 50 metri, prima dai 100 in poi ma sempre otto decimi sotto il record che, poi, è schizzato via nel pazzesco finale. Record (1’55”45) di 7 centesimi sotto il precedente che apparteneva alla cara antipatica, che per lei risponde al cognome Manaudou. Ormai la francese vedrà Federica come la strega cattiva: le ha tolto entrambi i record suoi (200 e 400 stile libero), ieri è affondata più della nostra diva nei 400: ultima, staccatissima e distrutta. Le tigri che si dovevano sbranare sono diventate di carta, lasciando via libera a due inglesi (Adlington, prima, e Jackson, terza) e all’americana Hoff (seconda).
Ma nel camaleontismo della Pellegrini, la Manaudou c’entra poco. C’entra, invece, il dietro le quinte, fatto di entourage che pensano troppo a tutto quanto non è nuoto. Castagnetti, il ct che ieri si è ritrovato commosso e in lacrime dopo il record dei 200, alcuni mesi fa se n’era lamentato: non gli piacevano smorfie e amoreggiamenti pubblici fra Federica e il fidanzato, non gli piacevano i troppi fotografi intorno alla piscina, non gli piaceva la diva che si porta dietro il codazzo dei fedelissimi o si lascia blandire e distrarre. Non gli piaceva la ragazza che cercava di cogliere l’attimo che fugge, ma soprattutto nello star system. Preferiva solo l’atleta. Ieri Filippo Magnini parlando in generale, ma non troppo, ha lanciato una frase nel vuoto ad uso e consumo di chi voglia capire: «Nel nuoto le gare si vincono con la testa, deve funzionare sempre».
E la testa di Federica chissà dov’era ieri mattina mentre annaspava nell’acqua. Ed anche dopo. La ragazzina isterica di qualche anno fa avrebbe pianto e scalciato contro il mondo, per quella medaglia inabissata. Lei, invece, era tranquilla, troppo tranquilla. E sicura. «Ho buttato una medaglia, ma non solo per colpa mia. Non siamo abituati a gareggiare di mattina, questo è il problema. E nessuno ci ha messo nelle condizioni di farlo. Qualcosa avrò sbagliato anch’io: forse la tattica. Ma le gambe ci sono: si è visto ieri». Riferimento alla gara del giorno prima nella quale, fino ai 200 metri, era passata sotto il record del modo, salvo frenare. Ecco, la testa di Federica ha ricominciato a funzionare forse da quel momento. Da quell’autocritica che continuava a scontrarsi con quel che le diceva la diva: ma che pensi?
Servivano meno scuse e più realtà. Probabilmente aveva sbagliato di tutto un po’. Castagnetti ha bocciato la tattica dei 400 e rispedito al mittente le critiche sulle gare mattutine. «Mattina o sera non contano per i risultati. Contano solo le prestazioni in acqua. Lei ha sbagliato strategia, deve andare sempre in progressione e non l’ha fatto». Commenti detti in faccia. Per risvegliare la campionessa e addormentare la diva. Ed infatti la tigre di carta ha tirato l’unghiata. Questo record ne fa una delle campionesse italiane più decorate dai tempi, non altrettanto dalle medaglie.
Ad Atene buttò via un oro, ma recuperò un argento. Qui, sotto il record, ancora niente. Ma la buona novella e una replica. «Sono in forma e lo ero anche nei 400. Resto dell’idea che dobbiamo imparare a gareggiare di mattina. E non è una scusa. Ho realizzato un bel primato e non perché l’ho tolto alla Manaudou. Ma perché è bello. Ho un grande pregio: dopo una batosta riesco a risollevarmi e l’ho dimostrato».
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