Penati, spunta un nuovo filone nell'inchiesta Da Sesto all'Emilia spariti 2,4 milioni di euro

Gli inquirenti passano al setaccio un vorticoso giro di false fatture in giro per l'Italia: due milioni e mezzo di euro, nel 2002, sono finiti a due società emiliane come pagamento per prestazioni di dubbia natura e avrebbero avuto il solo scopo di produrre fatture false per accumulare fondi neri. E la cena d'affari non passa inosservata

Penati, spunta un nuovo filone nell'inchiesta 
Da Sesto all'Emilia spariti 2,4 milioni di euro

Milano - La pista del denaro è lunga più o meno duecento chilometri. Parte da Sesto San Giovanni e scende fino all’Emilia, per poi sparire in un mistero di carte e operazioni finanziarie sospette. L’inchiesta sull’ormai ex vicepresidente del consiglio regionale lombardo Filippo Penati ha sempre di più una dimensione nazionale. Come scritto ieri dal Giornale, ci sono quei finanziamenti per 100 milioni di lire che nel 2000 dall’imprenditore Piero Di Caterina arrivano a Botteghe Oscure, e che sono finiti sotto la lente degli inquirenti. E ora si scopre dell’altro. Che altri due milioni e mezzo di euro, nel 2002, sono finiti a due società emiliane come pagamento per prestazioni di dubbia natura, e che secondo gli investigatori avrebbero avuto il solo scopo di produrre fatture false per accumulare fondi neri. Quel denaro, alla fine, scompare. Inghiottito da bilanci opachi. E ancora una volta, l’ipotesi della Procura è che quei soldi siano stati destinati al finanziamento della politica. Ecco cosa accadde.

Secondo quanto ricostruito dai pm di Monza, l’accordo per la riqualificazione dei terreni industriali ex Falck tra Filippo Penati e il costruttore Giuseppe Pasini sarebbe stato sottoscritto a tre condizioni, imposte dal politico del Pd. La prima. Penati - ha raccontato Pasini ai magistrati - avrebbe chiesto all’immobiliarista 20 miliardi di lire per favorirlo nell’operazione, una cifra pari al 5 per cento del valore dell’intero affare. Attenzione però, non 20 miliardi cash, ma spalmati in più operazioni. Una tranche della maxi tangente (circa 4 miliardi di lire) sarebbe stata versata in Lussemburgo. Altre operazioni immobiliari, poi, avrebbero garantito i passaggi di denaro fra le parti. La seconda condizione, invece, sarebbe stato il coinvolgimento nei lavori alla Falck della Ccc, il Consorzio cooperative costruzioni di Bologna. Quindi, il terzo aut aut. È il 2002. Sarebbe stato Omer Degli Esposti, vicepresidente del Consorzio, a chiedere a Pasini di versare 2 milioni e 400mila euro in consulenze a due società che con Sesto San Giovanni hanno poco o nulla a che fare. Si tratta della Aes srl di Ravenna e della Fingest di Modena. A che titolo, quelle consulenze? E soprattutto, che fine fanno quei 2,4 milioni partiti dall’hinterland milanese e finiti in Emilia Romagna? Spariti. Secondo la Procura e la Guardia di finanza, volatilizzati in un giro di false fatture. Destinazione finale, è l’ipotesi degli inquirenti, le tasche dei politici.

Ma l’inchiesta dei pubblici ministeri Walter Mapelli e Franca Macchia corre su binari paralleli. Accanto alla pista nazionale, c’è quella locale. E ieri è stato il turno di Antonino Princiotta, ex segretario generale di Palazzo Isimbardi durante la giunta Penati, sentito per due ore dai pm. Di lui aveva parlato ai magistrati Di Caterina, raccontando di aver «comprato» il suo appoggio nel contenzioso tra la sua Caronte srl e l’Atm di Milano, entrambe società di trasporti. Versamenti di denaro per ottenere una delibera che risolvesse la battaglia legale fra parti. L’allora segretario generale avrebbe ricevuto da Di Caterina varie tranche da 2mila euro alla volta, fino a raggiungere nel 2008 la cifra complessiva di centomila euro. E come finisce la vicenda? Che Penati, nel 2009, firma una delibera che impone ad Atm di versare al Consorzio dei trasporti pubblico 40 milioni di euro, 12 dei quali (più Iva) proprio alla Caronte. Qualcosa, però, non funziona. Il contenzioso va avanti. E le elezioni bloccano tutto.

Penati esce di scena, e il neo assessore provinciale ai trasporti Giovanni De Nicola blocca l’operazione. «Siamo assolutamente tranquilli - spiega l’avvocato Luca Giuliante, legale dell’ex segretario generale della Provincia -, chiariremo tutto con i magistrati. E comunque, nessuna tangente è stata presa».

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