Emancipazione. E libertà. Succede tutto negli anni Sessanta. È quella voglia di essere diverse che esplode, che fa cambiare fuori perché dentro qualcosa è già successo. È necessità di affermarsi, di dire «adesso basta. Noi ci siamo»: Donne. Che vestono abiti nuovi per segnare la differenza, per sputare in faccia al conformismo bigotto a modo e per bene. La minigonna e i capelli. Sì. L'addio al bigodino, alle ore di parrucchiere e di pieghe sotto al casco, di gambe incrociate e riviste da sfogliare nasce lì.
Londra 1960. L'effetto luminescente di questa cometa dalla lunga coda illumina a poco a poco tutto il resto dell'Europa. E arriva fino a noi in Italia dove l'idea della piega impalcatura fissa da farsi fare in salone è più lenta a morire. Eppure nelle città ormai è evidente. Il bigodino con il suo compare il casco sono attrezzi da cantina. Pezzi da museo, eccezioni per casalinghe ancorate alla vecchia cotonatura della testa in ordine dopo la lunga piega del parrucchiere, scolpita a furia di abbondanti colpi di lacca. Nidi come meringhe del passato destinati a estinguersi in fretta. Vidal Sasoon è l'uomo della rivoluzione. Quello che ci ha permesso di lavarci i capelli tutti i giorni e non avere la testa di Cugino IT degli Addams. L'uomo di genio e intuizione, partito povero, poverissimo e senza mezzi da una Londra da racconto di Dickens. Ebreo, figlio di un padre che abbandona lui e il fratellino, viene lasciato tra lacrime e strazi dalla mamma in un orfanotrofio. Eppure il genio e il talento quando nascono insieme alla volontà non conoscono difficoltà, esplode comunque. La sua passione fin da bambino è per l'architettura. Alzare il naso sui tetti grigi dell'East End londinese e sognare un destino diverso. La Bauhaus che fa grande quegli anni lo fa innamorare. Inizia senza alcuna voglia come apprendista parrucchiere da Adolf Cohen. Pochi anni dopo lascia per andare a lavorare presso il guru dell'epoca Raymond Bessone. L'intuizione arriva allora: qualcosa deve essere cambiato nell'acconciatura femminile dell'epoca, troppo costruita, immobile, un mondo scollegato dai movimenti artistici, la musica e la moda. I concerti dei Beatles con l'acconciatura da bigodini non può esistere. Apre il suo primo negozio nel 1958 a Bond Street, il salottino color pastello è scomparso. È questo il primo biglietto da visita per un mondo nuovo. Mary Quant, inventrice della minigonna, diventa sua cliente, è suo il «bob» passato alla storia, così come il taglio alla maschietto di Mia Farrow in «Rosemary's Baby». Gli altri seguono in fretta. Lo stile di Sassoon è una sintesi di grafica, architettura, acconciatura e moda. È costruito, preciso ma naturale, necessita di minima manutenzione, non più bigodini e messa in piega, i capelli vanno nella giusta posizione da soli con una passata delle mani. Questione di taglio. Come una stoffa, come un abito, i capelli stanno bene addosso. «La mia idea era quella di ritagliare una forma intorno alla testa. Insomma, tagli veri per gente concreta» racconterà in un'intervista al Los Angeles Time poco prima di morire nel 2012 in California. L'architetto dei capelli diventa un mito, un'icona per tutti. «Le donne sono tornate a lavorare non hanno più tempo per passare ore dal parrucchiere sotto il casco», racconta. Il tempo gli darà ragione. A Milano i primi a portare lo stile del «wash and wear look» sono i saloni di Toni&Guy. Un italiano il fondatore sempre dalla scuola di Londra, Toni Mascolo che poi ha esportato saloni anche in Italia. Prima di Coppola, prima di J ean Louis David . «All'inizio è stata dura. Abbiamo aperto negli anni '90 - racconta Cristian Salvador, di Toni&Guy di via Turati - Eravamo in centro a Milano e convincere le signore a rinunciare alla piega con i bigodini e il casco è stata dura. C'era molta resistenza. Poi i tagli hanno vinto. Facili da gestire e comodi a casa. Potersi lavare i capelli e asciugarseli a casa senza problemi non ha prezzo.
Oggi si è dimostrata la scelta vincente che ha conquistato tutti. Non solo nei nostri saloni, ma ovunque ormai la donna ha scelto la praticità, le esigenze sono cambiate e non credo si torni più indietro».a cura di Margherita Tizzi
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