Pericolo scampato, il porno non cancella il calcio italiano

Scampato pericolo: il calcio non rischia più la bancarotta. Per sua fortuna il giudice Claudio Marangoni ha respinto il ricorso cautelare dell'emittente Conto Tv che aveva chiesto al Tribunale civile di Milano di sospendere il contratto tra Lega e Sky Calcio per l’impossibilità di partecipare al bando di gara sull’assegnazione dei diritti tv. La sentenza, resa pubblicata ieri mattina, dieci giorni dopo l’ultima udienza, spiega in 28 pagine che il bando di gara ha garantito a sufficienza il principio della concorrenza e quindi ha permesso a tutti gli operatori, compresi i più piccoli, di acquisire i diritti. In un passo di particolare rilevanza il magistrato scrive: «Non pare che la ricorrente, al di là delle differenze di dimensioni finanziarie ed organizzative innegabilmente esistenti rispetto alla concorrente Sky Italia Srl, abbia sofferto particolari svantaggi nella possibilità di accedere allo stesso pacchetto platinum live, per ciò che riguarda il suo profilo tecnico-organizzativo». In precedenza Conto Tv, diventata popolare per la trasmissione di film porno, aveva vinto un simile ricorso cautelare. Ma la Corte d’appello lo aveva successivamente annullato stabilendo la competenza a decidere della Sezione specializzata proprietà industriale, come infatti è stato.
In base a questo provvedimento Sky mantiene la proprietà dei diritti satellitari che porterà alle casse della Lega Calcio 1.149 milioni nelle prossime due stagioni, rispettivamente 571 e 579 milioni. Quanto serve ai club, indebitati oltre ogni ragionevole misura, importanti, di fronteggiare le spese correnti, pagare gli stipendi e avere le carte in regola per iscriversi al prossimo campionato. In particolare i presidenti temevano di restituire l’anticipo di 28,55 milioni già versati da Sky e di perdere la successiva rata di 90 milioni in scadenza a fine giugno. Senza questo centinaio abbondante di milioni, alcune società avrebbero corso il rischio di portare i libri in tribunale e di chiudere l’attività per insolvenza. Così invece avranno titoli certi da farsi scontare presso le banche in vista dei prossimi impegni finanziari e, particolare non trascurabile, di muoversi sul mercato.
Ma c’è anche chi ha fatto il tifo contro questo provvedimento per cancellare la legge Melandri sulla cessione dei diritti tv e ritornare, unico paese nell’Europa pallonara che conta, ai contratti soggettivi. In altre parole ogni club avrebbe fatto da sé in un mercato che avrebbe finito con il premiare i soliti noti (Juventus, Milan, Inter, Roma) e quelle società con un ampio bacino d’utenza quali Palermo e soprattutto Napoli. Figuratevi la reazione delle realtà medio-piccole che in passato si erano divise le briciole. Del genere 5 milioni al Livorno e oltre 100 alla Juventus. Così invece una neopromossa dalla B può incassare almeno 30 milioni e non fare la figura delle cenerentola. Ma il problema è a monte.

L’incidenza dei diritti tv condiziona il calcio italiano in misura sensibilmente superiore a quanto avviene in Germania, Spagna o Inghilterra. Mancano i ricavi da stadio per via di impianti obsoleti e quelli da merchandising per la mancanza d’una legge che mandi davvero in galera i contraffattori dei marchi.

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