Pettegolezzi e colpi di scena per un «noir» da applausi

Claudio Fontanini

Invito a cena con delitto. Che succede se quattro coppie dell’upper class americana, convocate nell’attico del vicesindaco di New York per festeggiare il suo decimo anniversario di matrimonio, si ritrovano improvvisamente sole nel lussuoso appartamento col padrone di casa immerso in una pozza di sangue? Sparite anche la moglie del politico e l’intera servitù, ecco gli otto ospiti aggirasi come spettri in una casa-trappola piena di porte che si aprono e chiudono e che potrebbe rivelarsi fatale. Denunciare il fatto e rischiare lo scandalo (c’è anche un candidato alle prossime elezioni) o temporeggiare, giocare sugli equivoci e magari lavorare di fantasia? Chiacchiere e pettegolezzi, relazioni extraconiugali e terapia di gruppo, reputazioni da difendere e analisti scambiati per camerieri, auto distrutte e dolori cronici alla schiena, cristalli nel water, un telefono che squilla in continuazione e un commissario col megafono.
Diretta da Valentino Villa (attore cresciuto sotto la direzione di Luca Ronconi), Rumors, in scena al teatro San Genesio fino al 17 dicembre, è un interessante esperimento di contaminazione di generi. Interpretato da nove giovani attori (Marco Bianco, Roberto Calabrese, Alessandra Coletti, Alex Fortunato, Elisa Menchicchi, Barbara Ronchi, Guglielmo Sanna, Virginia Scaramazza e Stefano Vona) il testo di Neil Simon (scritto nel ’93) viene «riletto» in chiave straniata e surreale da Villa che trasporta la vicenda al 1950 strizzando l’occhio a Otto donne e un mistero, il bel film del 2002 di François Ozon con un cast di stelle francesi. Ecco così che nevrosi, isterismi, sospetti, rivalità e segreti da non rivelare s’incrociano, qua e là non sempre a proposito, alle atmosfere da musical alla Minnelli (belle e curate le scene e i costumi di Francesco Mari) e al noir plumbeo e atemporale in uno strano ed eccentrico mix che cerca di coniugare i brividi del giallo e i sorrisi della commedia brillante.

Una scelta stilistica coraggiosa e innovativa, quella operata dalla Compagnia «Né nuvole né orologi», e che finisce per coinvolgere lo spettatore in una sorta di gioco di ruoli (indicativo il Come tu mi vuoi ascoltato in cuffia in sottofinale da una delle protagoniste) nel quale niente è quel che sembra e con il quale è facile identificarsi.

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