É nato l'anno in cui l'apartheid, almeno nella forma se non nella sostanza, è sparito dal Sudafrica, cioè dal 1994, e non conosce frontiere, pregiudizi, discriminzioni. Il giorno che partì imbarcando una piccola corte dei miracoli malata di tutto i pazienti si misero su due file, bianchi da una parte, neri dall'altra, ci volle un po' a convincerli che la Storia ormai aveva rimescolato le sue carte. E loro con qualche diffidenza si adattarono. Si chiama Phelophepa, viaggia sulle rotaie e le sue carrozze sono moderni ambulatori. É un treno, anzi adesso sono due, uno gemello dell'altro, ed è il miglior ospedale del Paese, almeno per chi non ha niente. Viaggiava nel futuro quando il Sudafrica era ancora nel passato. É cofinanziato dalla Tasnet, le ferrovie dello stato sudafricane, e dai laboratori Roche, viaggia per curare poveri e diseredati che sono la metà dei 54 milioni di sudafricani. La speranza dei disperati. Per chi abita negli angoli più sperduti e che era abituato a cercare lumi dai «sangomas», i guaritori stregoni, è l'unico modo di accedere a cure moderne, a medici veri e a diagnosi certe.
Un piccolo esercito del Bene. A bordo viaggiano 16 medici e una trentina di studenti, tra cui oculisti, psicologi e dentisti a cui spetta il compito delle cure. Le ultime due settimane del loro corso di studi diventa uno stage in questo nosocomio ambulante. Ci si fa le ossa e non solo in senso figurato. Ogni visita costa 5 rand, che equivale a 60 centesimi di euro. Sembra poco ma è molto per chi non ha niente. Perchè per quanto basse le parcelle di Phelophepa restano un lusso per molti. E perchè quando le persone abitano lontano dalla ferrovia al costo della visita sono costretti ad aggiungere quello del minibus, più o meno un euro e mezzo andata e ritorno. Ma ci si arrangia, ci si aggiusta, ci si sistema anche lì. A cominciare dal fatto che per chi non può permettersi il viaggio fino in stazione, si fanno visite a domicilio.
Le giornate sul treno della salute non finiscono mai. Davanti al vagone 9 e 10 sono decine le persone in fila, che non vedono da qui a lì, uomini e donne avvolte da anni nell'oscurità o nella nebbia, torneranno a casa con un paio di occhiali che non costano più di quattro euro ma a cui non manca nulla. Vanno a casa con il mondo finalmente negli occhi, con i visi dei loro cari, i colori della vita. Una mamma, ricordano ancora con commozione, ha visto la figlia nata da poco. Prima era solo un'ombra nel buio, un abbraccio e basta. Ora crede che Phelophepa sia una specie di madonna dei miracoli e forse non ci va molto lontano. Che non cura, dove può, solo le ferite del corpo ma anche quelle dell'anima. Dallo stress di una vita condannata all'emarginazione alla depressione più profonda. L'organizzazione è ben rodata ma il tempo è quello che è. Più facile curare il corpo dell'anima quando hai i giorni contati. Ma niente viene dato per perso.
E non è solo una questione di vista difettosa. A Mtubatuba, nella provincia di Kwazulu-Natal, un paese zulu nell'est del Paese, molti tra i malati saliti a bordo, pur vedendoci benissimo, hanno visto per la prima volta un medico in vita loro. Come un'oasi nel deserto. Le diagnosi del treno della sanità, Phelophepa è una parola combinata in lingua tswana e sotho che significa «buona salute», è lo specchio dello stato di salute, malato, del Sudafrica.
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