Gentili signore, femmine e donne italiane, siamo piene di buoni consigli e attenzioni, siamo al centro dei pensieri dei signori maschi che ci governano. Per carità, non ho niente da obiettare se il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quello del Senato, Renato Schifani, quello della Camera, Gianfranco Fini, e giù per li rami del potere e del governo, hanno tenuto discorsi infiammati e pronunciato parole ispirate nell’occasione, anzi nell’obbligo rituale annuale dell’8 di marzo, giornata internazionale della donna. Non è colpa loro, o forse sì, se le principali cariche dello Stato, più i ministri dell’Economia, dell’Interno, degli Affari Esteri, se i grandi manager, i direttori di giornali e tv, insomma se quelli che contano in Italia sono maschi. Ricordo ancora con emozione uno storico articolo del quotidiano Libero, che ad avvenuta elezione di due signore alla guida rispettivamente di Confindustria e Confindustria giovani, titolò «Troppe donne». Lo ricordo perché era un articolo spudoratamente, criminalmente, onesto, diceva quel che gli uomini nel nostro Paese continuano a pensare e a praticare. Ma ci sono silenzi che pesano dolorosamente anche a volerla buttare in retorica, e l’8 Marzo del 2009 sarà ricordato come un giorno di grande silenzio delle donne, essendone invece gli uomini i protagonisti, nelle parole come nell’esercizio del dominio. Stona parecchio quando è la cronaca a ricordarti che stiamo messe peggio dell’abituale.
Vediamo le dichiarazioni della giornata, tralasciando le poche belle parole che Benedetto XVI ha doverosamente pronunciato. Un papa femmina non è dato, dunque non suscita invidia.
«L’8 Marzo costituisca per tutti un’occasione di profonda riflessione, mentre la violenza alle donne purtroppo continua ad essere un fenomeno allarmante», afferma il presidente del Senato, Renato Schifani. «I casi drammatici più recenti ci mostrano una realtà che deve interrogare nel profondo le coscienze della società civile e del mondo politico al fine di impedire il ripetersi di fatti così gravi». Segue l’appello alla parità. «Il raggiungimento della completa parità tra donne e uomini nella famiglia, nel mondo del lavoro, nella politica e nelle istituzioni, passa attraverso la nostra capacità di affermare i principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale che sanciscono il rispetto della dignità umana, l’uguaglianza e le pari opportunità tra i sessi. Perché il vero progresso civile - conclude il presidente del Senato - si determina attraverso la realizzazione di una autentica posizione di parità delle donne nella società». Gentile presidente, grazie. È certo di comportarsi di conseguenza gli altri molti giorni dell’anno?
«La violenza contro le donne» è una piaga sociale per l’ampiezza del fenomeno e una vera e propria emergenza civile che colpisce la dignità della persona umana. Per contrastarla «365 giorni l’anno serve una mobilitazione delle coscienze senza distinzione di schieramento politico». È il presidente della Camera Gianfranco Fini, che parla dal palco del Brancaccio. «Dobbiamo preoccuparci - avverte Fini - di ciò che non fa rumore perché è quotidiano. E questo passa per l’impegno di tutti, anche dei cosiddetti opinion leader, protagonisti della cultura, mondo dell’informazione. E questo affinché ci sia una maggiore attenzione per la donna e il suo corpo, maggiore attenzione al significato che alcuni messaggi possono avere nel mondo giovanile». Grazie, gentile presidente. Possiamo contare sul fatto che cercherà di promuovere donne capaci per esempio in Rai, e che dirà ai suoi consiglieri di riferimento di vigilare sul mercimonio dello spettacolo quotidiano?
Tralascio i vibrati toni di Giorgio Napolitano: perché che deve fare il Quirinale se non un po’ di cerimoniale sceneggiato? Lascio volentieri all’Unità, se esce ancora, di commentare le aspre parole del leader del Partito democratico, Dario Franceschini, il quale nella sua nuova performance di uomo della sinistra radicale, giustamente si scaglia contro il maschilismo della politica italiana. Basta guardare il suo partito per essere d’accordo.
La solita Unione Europea ci bacchetta, a forza di numeri, che le politiche finora proposte in Italia per ridurre il divario tra i sessi «non sembrano adeguate a far pienamente fronte alle sfide esistenti».
Per fortuna è già ieri l’8 marzo. Un sommesso appello in vista di quello inevitabile del 2010. Signori, fateci un regalo vero, tacete su di noi per un giorno almeno.
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