Dopo le incertezze degli anni Ottanta, i trapianti d'organo hanno avuto in Italia un fortissimo rilancio. Oggi siamo al secondo posto in Europa, dopo la Spagna, con numeri di tutto rispetto. Nel corso del 2007, infatti, sono stati compiuti 1573 trapianti di rene, 1035 di fegato, 308 di cuore, 76 di pancreas ed oltre dodicimila trapianti di tessuti (cornea, cute, ossa).
La Società italiana per la sicurezza e la qualità dei trapianti - presentata nei giorni scorsi a Roma - non si ripromette di incrementare questa rispettabile casistica ma di arricchirne i livelli di sicurezza e di qualità con strategie che permettano di soddisfare le necessità dei pazienti in maniera ancora più efficace, con la collaborazione di associazioni attive nel settore come i donatori di sangue e di organi.
Come ha spiegato il presidente della nuova società, Francesco Filippini, dell'università di Pisa, «bisogna ridurre il più possibile tanto la frequenza quanto la gravità di eventi avversi che possano complicare quegli interventi. Il sistema trapianti, infatti, è un sistema ad alto rischio durante tutte le sue fasi: la scelta di un potenziale donatore, la valutazione di idoneità d'organo, il suo prelievo e la delicata operazione che ne assicura il reimpianto con i minori rischi possibili.
Una ricerca dell'Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ha accertato nel 2007 che molti medici che operano in quest'area hanno avuto «eventi avversi». Per il professor Filippini bisogna quindi correggere alcune procedure, certificare l'intero processo assistenziale, valutare le diverse tecnologie, promuovere nuovi strumenti di formazione che permettano una più attenta valutazione dei rischi. L'integrazione tra l'attività di ricerca sperimentale e la pratica clinica è indispensabile per migliorare qualità e sicurezza. Nel corso del suo primo convegno nazionale, che si terrà nella primavera del 2009, la nuova Società scientifica presenterà un Libro Bianco in cui proporrà un nuovo protocollo trapiantologico, più rigoroso di quello attuale, redatto con la collaborazione del Centro Nazionale Trapianti: protocollo che si ripromette di diffondere «una nuova pratica e una nuova cultura della sicurezza». Bisognerà anche potenziare l'attività di donazione.
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