La piazza buona è sempre rossa

«Avvertimenti inquietanti»? «Intimidazioni»? «Minacce»? A scorrere le dichiarazioni dei politici e gli editoriali dei giornali chissà che ci si può immaginare: un cannone puntato contro il Quirinale, un gruppo di kamikaze pronti a farsi saltare in mezzo ai corazzieri, o almeno due mani disposte a strangolare il Paese stringendosi al collo, anzi no: al Colle. E invece che cos'è? È Berlusconi che avrebbe annunciato una possibile manifestazione di piazza. Anzi, di più, una manifestazione di piazza per chiedere elezioni.
S'è mai visto niente di più pericoloso per la democrazia? No, dico: s'è mai visto nulla che abbia messo a repentaglio le istituzioni di un Paese quanto una sfilata di persone che chiedono di andare a depositare le loro preferenze nell'urna? Dev'essere davvero sovversiva questa richiesta, dev'essere davvero pericolosa se tutti i grandi commentatori fanno sentire il profumo del fascismo, se adombrano il rischio di golpe, azzardano paragoni col '22 e tirano fuori dalla naftalina la buonanima di Mussolini. Del resto è noto, no? Scendere in piazza è un atto anti-democratico. E scendere in piazza per chiedere elezioni è un atto due volte anti-democratico.
Non ci avevate mai pensato? Bene. Nuova disposizione: da questo momento in avanti tutti i cortei, i sit in e le assemblee pubbliche sono da considerare un pericolo per la Repubblica. La disposizione, s'intende, dovrebbe essere applicata retroattivamente anche ai passati rendez vous. Per esempio: i lavoratori che scendono in piazza contro l'articolo 18? Un pericolo per la democrazia. I pensionati che protestano contro il taglio delle pensioni? Un pericolo per la democrazia. E via rimembrando: a rigor di logica, i leader sindacali potrebbero essere considerati per le istituzioni tanto insidiosi quanto un tarlo per il mobile in noce.
In effetti, a pensarci bene, in Italia si scende in piazza un po' per tutto. Fin troppo. E, se dobbiamo dirla tutta, fuor d'ironia, quest'abitudine di trasformare ogni mugugno in un corteo, ogni lamento di quartiere in una laica processione, non ci fa impazzire. Da liberali, e un po' individualisti, siamo abituati a ritenere che le persone da sole ragionino assai meglio che quando sono in mezzo al gregge.
Però, ecco, se dev'esserci condanna che sia pari per tutti. Non è possibile che l'allarme nazionale scatti solo quando si ipotizzano le manifestazioni del centro-destra. Che hanno quelli del centrodestra? La scarlattina? L'alito pesante? Per quale motivo radunare persone con le bandiere rosse è una bella festa democratica e invece radunare (o meglio: anche solo ipotizzare di radunare) persone con le bandiere azzurre è un atto minaccioso? Questione cromatica? O cromosomica? Estetica? O peggio: questione culturale?
Perché alla fine ci viene un sospetto. Sentendo i servizi allarmati del Tg3, ascoltando le dichiarazioni solenni dei parlamentari ds, leggendo gli articoli pieni di rimandi storici all'alba del Ventennio, cominciamo a pensare che dietro questa preoccupazione per le sorti della Repubblica si nasconda invece la preoccupazione per le sorti proprie. Finora infatti la sinistra aveva avuto l'esclusiva della piazza, e con essa spesso riusciva a far dimenticare di essere minoranza nel Paese. Ora entrambe le operazioni, a quanto pare, risultano piuttosto difficili. E allora meglio urlare allarmi, scoprendo che le manifestazioni sono pericolose. E pazienza se ieri, proprio mentre l'Unità titolava a tutta pagina contro la piazza del centrodestra, il New Yorker, raffinato foglio dell'intellighenzia mondiale, celebrava la piazza di Grillo.

Chissà perché un comico estremista manifestando può dare un contributo alla democrazia, e un moderato molto serio rappresenta invece solo una minaccia. Non sarà perché il moderato serio non è capace di dire abbastanza Vaffa?
Mario Giordano

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