Picasso, estro e semplicità

Fabrizio Micheli

Chi l’ha detto che i francesi sono sciovinisti? Eccone uno che ama terribilmente l’Italia e i suoi sapori. Jean François Daridon, chef del Picasso dell’hotel Rapahel, è un bretone che ha girato il mondo ma è cresciuto gastronomicamente in Italia. Precisamente in Umbria, dove negli anni 80, dai fornelli del Coq au vin di Perugia, riusciva a sedurre i rustici palati della zona con le sue vellutate alla malva o alle foglie di papavero. Poi il salto verso la capitale, chiamato a rifare il look a un albergo, il Rapahel appunto, che aveva bisogno di una rinverdita. Il management dell’albergo si è dato da fare con architetti e antiquari per creare ambienti di grande fascino. Il fiore all’occhiello è la terrazza Bramante, con incomparabile vista sulla Roma barocca di Tor di Nona. È qui che con la bella stagione (ma è in progetto anche un roof invernale) Jean François offre saggi di una cucina che unisce estro e semplicità come solo i grandi chef sanno fare. Ci vuole infatti mano sicura per far quadrare piatti che mettono insieme sapori difficili, come per l’orata marinata con latte di cocco, lime e zenzero o per le costolette di maiale alla thailandese con salsa di soia e ostriche. La stessa abilità che serve per passare, senza contraddizioni, a piatti più terreni come gli Involtini di melanzane con capelli d’angelo al sugo di scorfano, le fettuccine ai fiori di zucca con pesto di basilico, il pescespada grigliato con salsa citronette e maggiorana.

Stessa armonia fra i dolci, con le sfogliatelle alle pesche e salsa di lampone, la bavarese al limone e miele di acacia, il parfait di caffè in salsa di cioccolato al Grand Marnier. Vini adeguati a piatti e ambiente. Sui 70 euro.

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