Piccole imprese in guerra per salvare il made in Italy nasce Reparto Produzione

Nasce Reparto Produzione. L'imprenditore Roberto Belloli: "Fuori da Confindustria ma non contro. Vogliamo tutelare chi produce nel Paese". Per le pmi Viale dell'Astronomia è poco incisiva e troppa attenta ai grandi gruppi

Piccole imprese in guerra  
per salvare il made in Italy 
nasce Reparto Produzione

Più che di pancia, l’iniziativa è di cuore. L’urlo di battaglia di un’Italia, quella delle piccole e medie imprese, che tutti citano, molti elogiano ma che, di fatto, viene abbandonata al proprio destino. Ieri a Milano circa 150 industriali hanno battezzato «Reparto Produzione» un’associazione a tutela del vero Made in Italy, ovvero delle aziende che, come si legge nello statuto, fabbricano prodotti finiti e intermedi sul territorio nazionale, e che include tra i suoi scopi prioritari, la tutela dell’intera filiera di produzione e la sua traccabilità. «Fuori da Confindustria, ma non contro», precisa Roberto Belloli, l’imprenditore bustocco che da un paio di anni si batte a difesa della categoria; dapprima con «I Contadini del tessile», ora con «Reparto Produzione», che non si rivolge solo al tessile ma a tutti i settori manifatturieri italiani.

«Oggi le imprese non sono adeguatamente rappresentate - osserva Belloli - e siamo stufi di sentire le solite domande: come uscire dalla crisi? Quali riforme attuali? Noi sappiamo cosa fare: bisogna tutelare la produzione, obbligare le aziende che importano dal Far East all’etichettatura di provenienza, punire chi produce e importa in modo illegale e scorretto». Anche in Italia, leggi i cinesi che nei laboratori operano in condizioni di moderna schiavitù.
Ieri a Milano si è sentita la voce degli imprenditori che non ne possono più di essere vessati dalla burocrazia e dalle tasse, da un sistema sociale oneroso e anacronistico, da uno Stato che li tratta alla stregua di criminali, anziché proteggerli e tutelarli; senza rendersi conto che senza piccole e medie imprese, in Italia, non c’è ricchezza, non c’è occupazione, non c’è benessere. Ecco, questa Italia dice basta e, civilmente, chiede non finanziamenti, né incentivi, né sussidi, né forme di protezionismo, bensì «il rispetto delle regole per competere ad armi pari in Italia e nel mondo».
C’è già Confindustria, si potrebbe obiettare, ma benché quasi tutti gli imprenditori presenti ieri ne siano membri, l’associazione nazionale viene considerata dai piccoli e medi non abbastanza efficace e troppo sensibile agli interessi di grandi gruppi che continuano a delocalizzare.

«“Reparto Produzione” si pone come interlocuore nei confronti della politica e a tutela del territorio», annuncia Belloli. Con quali prospettive è presto per dirlo. Ieri oltre un centinaio di imprenditori ha risposto presente, ma l’intenzione è di raccogliere un consenso vasto e trasversale, sfruttando e amplificando l’esperienza dei «Contadini del tessile». All’assemblea era presente il capogruppo della Lega Nord a Montecitorio, Marco Reguzzoni, mentre Santo Versace del Pdl e Matteo Colaninno del Pd all’ultimo minuto hanno dato forfait. Presente, invece, l’economista Marco Fortis che, seppur tracciando un quadro in chiaroscuro, ha dimostrato come sia possibile battere lobby apparentemente potentissime, come quelle delle aziende importatrici molto influenti a Bruxelles. E ha ricordato come, comunque, per il nostro Paese non esistano alternative.

L’Italia non può contare su grandi industrie come la Germania e, dunque, non può imitarne il modello, mentre continua a essere popolata da migliaia di piccole e medie imprese, molte delle quali straordinariamente vivaci e resistenti. Un tesoretto da difendere e per il quale vale la pena di combattere.

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