Sono 89 le aziende che in Italia tra il 2004 e il 2008 hanno beneficiato del sostegno del venture capital, investimenti con capitale di rischio per finanziare l'avvio e il primo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali.
A fare i conti è stato il primo rapporto del «Venture capital monitor», l'osservatorio nato presso l'università Carlo Catteneo di Castellanza in collaborazione con l'Aifi (Associazione italiana del private equity e venture capital) e di Sviluppo imprese centro Italia. Quest'anno, secondo l'Aifi, il mercato italiano del venture capital ha retto alla crisi e dovrebbe mantenersi stabile rispetto al 2008, grazie al trend di crescita che ha caratterizzato il primo semestre. Secondo il rapporto, le 89 «start up» individuate sono partecipate da 41 fondi differenti, ma la concentrazione è alta: il 39% dell'attività (pari a 45 operazioni) è infatti riconducibile ai primi cinque operatori. Per contro, negli ultimi cinque anni oltre la metà degli investitori ha concluso una sola operazione. L'investimento tipo è stato di 1,3 milioni per acquisire il 40% delle società prescelte (1,1 milioni il fatturato medio e 7 dipendenti) nate spesso su iniziativa privata; in crescita anche gli «spin-off» universitari, arrivati a rappresentare oltre un quarto del mercato (il 26%).
Il settore bio-farmaceutico ha raccolto nel periodo esaminato il 30% delle risorse, seguito da Ict e comunicazione.
Praticamente assente il Mezzogiorno ma con l'avvio del fondo hi-tech per il Sud «ci aspettiamo un raddoppio nel giro di non più di due anni», ha spiegato il responsabile dell'osservatorio, Roberto Del Giudice.
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