Di Pietro a testa bassa: "Democrazia stuprata" Bagarre a Montecitorio

L’intervento del leader Idv è un attacco al premier dai toni assurdi: "Lei è uno stupratore della democrazia". Maggioranza in rivolta, da Fini solo blandi rimproveri e la sinistra non batte ciglio

Di Pietro a testa bassa: 
"Democrazia stuprata" 
Bagarre a Montecitorio

Roma - Già quando Fini annuncia il prossimo titolato a parlare, Antonio Di Pietro, l’aria si surriscalda, si temono show da Bagaglino. E il timore è azzeccato: dopo due parole la terza è un insulto. «Lei è uno spregiudicato illusionista, anzi un pregiudicato illusionista». Inizia un testo-contumelia, degno di un’osteria di Campobasso, che Tonino ha messo a punto durante gli interventi che lo hanno preceduto, testa bassa sul foglio per limare il fine ragionamento. Man mano che il climax di improperi procede, l’attenzione dai banchi del Pdl e Lega si sposta da Tonino a Fini. «Fai qualcosa! Fallo smettere!» urlano anche i leghisti. Di Pietro continua, come se fosse al Vaffa-Day di Grillo, non a Montecitorio. Si arriva all’altra trovata di Tonino, «lei è uno stupratore della democrazia», che rappresenta una novità nell’eloquio anti-Cav di Di Pietro. Gli aveva dato del nazista, del fascista, del dittatore sudamericano, del corruttore, del magnaccia, ma quella dello stupratore non gli era ancora venuta in mente («ma lo stupro della democrazia è quello che ha fatto Di Pietro», commenta il vicepresidente della Camera Antonio Leone). Un suggerimento di Franco Barbato, il pasdaran del dipietrismo che siede alla spalle del leader Idv e che è il nuovo ideologo del dipietrismo off limits? Forse. Allo «stupratore della democrazia» insorge l’Aula, ma non l’opposizione che pure è ancora indignata dalle battute di Bossi su SPQR. Solo i leghisti solo volgari, per Pd e dintorni.

Ancora si urla al presidente della Camera di fare qualcosa. «Onorevole Di Pietro la prego di usare un linguaggio consono a quest’aula», dice Fini, al primo avviso. Quell’altro va avanti e vira sulla storia antica: «Fuori c’è un Paese che muore di fame, e lei è venuto qui a suonarci l’arpa della felicità, come faceva il suo predecessore Nerone mentre Roma bruciava. Quella stessa Roma che rideva come ride lei mentre i suoi amici barbari padani vogliono mandare al rogo l’unità nazionale». La storia dell’umanità secondo Tonino produce l’inevitabile: fischi, buuu, muggiti, urla di disgusto. Berlusconi lo guarda e unisce le mani come a dire: ma questo è fuori. Poi, sempre rivolto a Tonino, gli fa segno del matto, battendo il dito indice sulla sua tempia. Intanto il Tonino-Show va avanti. La gag successiva è questa: «Lei, signor Berlusconi, è un vero maestro. Intendo dire un maestro di massoneria deviata, un precursore della corruzione e della collusione di Stato». Altri boati, scampanellii di Fini, poi Di Pietro attacca sull’informazione, che il Cav controllerebbe «in modo criminale». Qui Fini è costretto a dare il secondo cartellino giallo: «La prego di usare termini che siano consoni al luogo in cui si trova, è ammessa ogni espressione non può essere tollerata l’ingiuria». Ma per la maggioranza è fin troppo morbido. Basta aspettare qualche secondo perché tutto crolli ancora in più basso. Di Pietro tocca il capitolo Montecarlo, Tulliani-gate e società off shore. Ovviamente, un’inchiesta promossa dai servizi deviati del Cavaliere, nella vulgata paranoica di Tonino, e che per giunta fa finta di scandalizzarsi di giochini con le società off-shore, di cui invece dovrebbe sapere tutto «l’imputato Berlusconi». È l’apoteosi, il Parlamento come l’Arena di Domenica in, come una puntata del Processo del lunedì, è troppo. Berlusconi si alza e si gira verso Fini. Gli dice qualcosa facendo un gesto con le mani che si può tradurre così: ora basta, digli qualcosa. Intanto l’aula è sommersa dalle urla e grida, tra leghisti e pidiellini molti scattano in piedi e dicono qualcosa all’indirizzo di Di Pietro. Una baraonda. Fini interviene, ma non contro Tonino: «Vi ricordo che siamo in diretta televisiva, vi invito, a partire dall’onorevole Di Pietro, ad usare un linguaggio consono. E prego la parte destra dell’emiciclo di mantenere la calma». Altro che calma, siamo prossimi alle mazzate. Anche perché Di Pietro, invece che calmarsi, si scalda ulteriormente.

Parla di parlamentari «disperati» che Berlusconi avrebbe «chiamato a casa sua per offrire prebende e minacciare imbarazzanti rivelazioni», Fini interrompe e lo richiama all’ordine per la seconda volta, mentre per la seconda volta Berlusconi si gira verso di lui protestando. Il Di Pietro-show si chiude, l’osteria riapre domani.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica