Pillola e mini-ricovero Il primo aborto scatena le polemiche

La prima pillola abortiva nel Lazio è stata somministrata alle 10 di ieri dai medici del Grassi di Ostia. Poco dopo, la paziente, una romana sotto i quarant’anni madre di tre figli, ha firmato per lasciare il ricovero ed è uscita. Il tutto è avvenuto qualche ora prima che la giunta regionale approvasse il protocollo operativo per la RU486. Una circostanza che ha scatenato una bufera di polemiche e scavato un solco tra la Regione e i vertici del Grassi.
Se i medici avessero tardato solo un’ora a somministrare la pillola, la paziente sarebbe stata costretta a un ricovero di tre giorni in una struttura idonea, in base a quanto stabilito dal protocollo che ora è valido a tutti gli effetti.
«Si è trattato di un caso eccezionale, autorizzato perché le condizioni cliniche della paziente non permettevano di utilizzare la chirurgia - dichiara Lindo Zarelli, direttore sanitario del Grassi -. La donna, infatti, aveva effettuato tre cesarei più un intervento sull’utero e l’aborto chirurgico avrebbe potuto provocarne la rottura». «Si può procedere all’intervento farmacologico solo entro le sette settimane di gravidanza, che per la donna scadevano tra tre, quattro giorni - prosegue il manager -. È solo per questo che ho autorizzato la somministrazione della RU486, nel rispetto della legge e per garantire la salute della paziente. Ora, con il regolamento regionale, chi vuole abortire potrà scegliere tra il trattamento chirurgico o farmacologico: al Grassi come in qualsiasi altro ospedale del Lazio».
«Non ci dimentichiamo che parliamo sempre di un aborto, non chirurgico ma chimico - tuona il presidente della Regione Renata Polverini - per questo dobbiamo far riferimento alla legge 194 che prevede ci sia la salvaguardia assoluta della salute della donna». «Mi auguro non succeda nulla - incalza - ma se successe qualcosa ognuno si assumerà le sue responsabilità. Io al posto dell’ospedale Grassi non lo avrei fatto. Non vorrei mai trovarmi in una Regione in cui se accadesse qualcosa non sapremmo con chi prendercela: per questo è importante avere un protocollo che stabilisca la filiera delle responsabilità».
«Non potevamo opporci quando la donna ha chiesto di essere dimessa - si difende Zarelli -. I pazienti hanno il diritto di appellarsi all’articolo 32 della Costituzione, secondo cui nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario».
Il protocollo appena firmato è più vincolante rispetto alle sole linee guida annunciate in precedenza dalla Pisana, perchè ha anche valore giuridico. E prevede che oltre ai tre giorni tassativi di ricovero, la diagnosi di gravidanza sia molto precoce. Inoltre tutte le strutture che intendono rispettare il documento devono dotarsi di uno o più posti letto ordinari appositamente dedicati. «Il prossimo passo - dichiara Polverini - sarà l’individuazione da parte della Asp delle strutture idonee nel Lazio, anche in base alla disponbilità di posti letto, per stabilire in breve tempo quali sono quelle dove si può garantire con maggiore sicurezza la somministrazione della pillola». Ma la scelta dei nosocomi richiederà almeno una decina di giorni. E nel frattempo? «Ognuno si assumerà le proprie responsabilità», taglia corto Polverini. La Regione ha in cantiere anche la riforma dei consultori. «La normativa regionale vigente risale a più di 30 anni fa - interviene Olimpia Tarzia, consigliere regionale della Lista Polverini -.

Ho depositato una proposta di legge di riforma già sottoscritta, oltre che dalla maggioranza, anche da molti consiglieri dell’opposizione, a conferma che il diritto alla vita appartiene a tutti e non ha una colorazione politica o religiosa».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica